Più blogger, meno fashion

Negli ultimi mesi mi è capitato spesso di sentirmi fuori luogo, di pensare che il fatto di non essere costantemente online faccia di me una sorta di emarginata sociale. La scelta di non condividere con gli altri ogni aspetto della mia vita (alla stregua di chi pubblica Stories e foto su Instagram quotidianamente), mi fa sentire la “strana” del gruppo, come una donna spaesata capitata per caso nel 2018, reduce da un viaggio in avanti nel tempo. E’ come se stessi vivendo in un’epoca che non mi appartiene, ma probabilmente è più vero  il contrario: sono io a non essere adatta a questo presente così social e frenetico.

Mi ritengo una persona abbastanza taciturna e riservata, timida a livelli forse esagerati, e non mi sognerei mai di mettermi a fare video in cui parlo ad ipotetici spettatori che dovrei supporre interessati a qualsiasi cosa io abbia da dire.

Probabilmente l’assunto di base parte dalla precisa idea che ho di me stessa, ovvero dalla percezione di non essere una persona interessante. Eppure amo le persone interessanti e non so stare vicino a chi non mi da stimoli.

I momenti in cui mi sento più “inadatta” alla vita odierna, sono quelli in cui mi imbatto in foto e filmati di persone che si credono “arrivate”, che sono convinte di aver fatto la differenza ma che in realtà non sanno di illudersi: il mondo si dimenticherà ben presto di loro, così come dimenticherà me e la gran parte della popolazione mondiale. Vedere persone (anche a me vicine) comportarsi da fashion blogger “de noialtri” e convincersi ogni giorno di più di aver raggiunto il successo, mi mette a disagio, in imbarazzo. E’ la stessa identica sensazione che provavo a 17 anni quando mi accorgevo che mia madre aveva preso di nascosto i miei vestiti da adolescente per andare a ballare con le amiche. Mi sentivo sommergere da un’ondata di disagio nonostante io fossi chiusa in casa e quella in giro a fare una figuraccia fosse mia madre.

Perché espressioni come: “ciao ragazzi!”, “me lo chiedete in tanti”, “cosa ne pensate del mio make up?” mi imbarazzano a tal punto da dover interrompere la story che sto guardando? Davvero non capisco come facciano ad essere così convinti che la loro vita sia talmente interessante da sentirsi in dovere di renderne pubblico ogni più insipido particolare.

“Stasera siamo a cena qui” – E sti’ cazzi.

“Questo è il mio nuovo outfit” – E sti’ doppi cazzi.

Saremo tutti concordi nell’affermare che il problema è mio, e non certo di questi novelli fashion blogger che provano a farcela in un modo o nell’altro.

Cosa c’è di sbagliato nel ritenere interessante la propria vita e pensare che possa destare interesse in qualche altro essere umano? Probabilmente niente. Probabilmente deve esserci un passaggio che mi sfugge, e probabilmente quel passaggio sono io, come l’anello debole di una catena.

Pensandoci, un punto di incontro che mi piace c’è: seguo volentieri chi lo fa con ironia, con l’intento di far sorridere gli altri, o di mandare messaggi positivi che vadano oltre il make up o l’outfit.

Il punto di incontro ha più nomi (non moltissimi in realtà, ma qualcuno esiste), e forse i mio preferito è lei: camihawke . E’ una ragazza giovane e spigliata, che non si vergogna a mostrarsi struccata o in pigiama. Ha un modo di fare molto amichevole e spensierato, spesso ironico, ed è forse una delle poche persone “famose” sui social che riesce sempre a farmi ridere con estrema semplicità. Non di rado affronta tematiche importanti, che riguardano soprattutto l’accettazione di sé o il bullismo su internet: credo che dovrebbe essere questo, in parte, il ruolo di chi può godere di una buona visibilità tra i giovani e meno giovani. Se vi va di seguirla, vi lascio qui il link al suo profilo Facebook  😉

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La dignità è tua, ma anche un po’ mia.

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Hai lasciato o sei stato lasciato? Ecco alcuni atteggiamenti da evitare per non perdere la propria dignità.

Questo vuole ovviamente essere un post semi-serio su una calamità che affligge molti, sia in prima persona che in qualità di spettatori passivi: la fine di una relazione e le sue conseguenze.

Sì, perché quando qualcuno che conosci lascia o viene lasciato, te ne accorgi subito anche se non te lo ha detto nessuno. E non è sesto senso. Basta essere un assiduo frequentatore di Facebook o Instagram per notare che i post che Michela pubblicava fino a qualche settimana prima hanno subìto una trasmutazione genetica, evidente anche allo sguardo meno attento. Le foto che la ritraevano abbracciata “all’amore della sua vita” e le frasi sdolcinate con l’emoji dagli occhi a cuoricino, sono improvvisamente state sostituite da foto con capezzoli in evidenza (con aforismi del tipo “Ogni volta che lasci decidere il cuore, stai compiendo la più bella follia” nella didascalia) e post che inneggiano alla ritrovata libertà (e alla conseguente ritrovata voglia di fare la conoscenza di nuove “alabarde spaziali”). Se 2 + 2 fa sempre 4, la risposta è scontata: Michela ha lasciato il suo Riccardo e non si cura minimamente di quanto lui possa star male nel vederla così lasciva di fronte agli occhi critici della gente. Se non altro, Riccardo avrà modo di porsi alcune serie domande sulla natura della persona che aveva accanto.

E quindi veniamo a lui, il Riccardo della situazione, quel ragazzone che non parla mai con nessuno e che puoi incontrare soltanto il giovedì sera a calcetto perché lui è uno di quelli che:”i social sono il demonio! Non capisco come la gente possa passarci tutto quel tempo!”. Ma guardalo adesso che è stato lasciato dalla fidanzata: ha aperto contemporaneamente una pagina Facebook e una pagina Instagram. Pubblica foto imbarazzanti che lo ritraggono nello sforzo di sembrare felice, mentre fa cose che fino a qualche settimana prima non avrebbe mai neanche immaginato. A causa del dolore che sta provando, sente di odiare il genere femminile, e ripete come un mantra che d’ora in avanti per lui le donne saranno soltanto premi da collezionare. Crede di apparire spavaldo, giovanile e audace, ma risulta soltanto triste, ridicolo, e insopportabilmente goffo.

Michela e Riccardo stanno dando libero sfogo alla loro natura, oppure stanno soltanto cercando di costruirsi una bolla in cui sentirsi al sicuro dagli sguardi carichi di pietà delle persone che gli stanno intorno. Si stanno lasciando trasportare dai flutti agitati delle loro anime in subbuglio, decisione sacrosanta e assolutamente non discutibile. Il problema è che stanno dando in pasto ai social la loro debolezza (leggerezza), e molto probabilmente se ne vergogneranno moltissimo fra tre mesi o cinque anni.

Il problema resta loro, direte. Fino ad un certo punto, dico io.

Prendiamo ad esempio Michela: il fatto che usi il proprio corpo come mero oggetto “drizzabanane”, a me in quanto donna fa girare non poco le balle. Certo non posso impedirle di fare col suo corpo ciò che crede, ma di sicuro so che quello che a lei sembra un atteggiamento divertente e stimolante, non fa altro che rafforzare il terribile preconcetto secondo il quale una donna non è altro che un ammasso di forme lussuriose, riempite da un’anima porca e viziosa. Quindi, al di là della sua dignità che a mio parere va un po’ a farsi friggere, c’è senza dubbio un messaggio più profondo che va a fomentare proprio quella malsana idea che la società odierna ha delle donne e che fatichiamo così tanto ad estirpare. Il discorso sarebbe ancora lungo, ma eviterò di tediarvi con ulteriori polemiche in merito, mi basta aver reso il concetto.

Anche Riccardo dà decisamente un cattivo esempio; cattivo esempio che, ahimè, peserà sempre molto più di mille buone parole. Lui passerà da coglione, d’accordo, ma ancora una volta saranno le donne ad avere la peggio, passando per le “stronze” della situazione che lasciano senza curarsi del cuore altrui, passando per quelle a cui ci si può indirizzare con termini come “troia” o “puttana”, passando per quelle a cui si può urlare di tutto mentre camminano per strada indossando una minigonna.

Per l’uomo e per la donna, ancora oggi, esistono due pesi e due misure. Sembra assurdo doverlo ribadire nel 2018, eppure la società continua a lanciare segnali del tutto discutibili: la strada è ancora lunga, e ogni minuscolo tassello può essere d’aiuto nella costruzione di un mosaico ben più luminoso e positivo.