CON PAROLE MIE

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“Le cose più importanti sono le più difficili da dire, perché le parole le rimpiccioliscono”

Stephen King, dal libro Stagioni diverse

Fin da piccola ho sempre letto moltissimo, anche se dando uno sguardo ai voti che avevo in Grammatica sarebbe stato difficile per chiunque immaginarlo. D’altronde per me Grammatica e Matematica si equivalevano abbastanza, essendo entrambe materie molto sistematiche, mnemoniche e poco creative. Infatti, nei temi e nelle poesie, mi trasformavo in un piccolo portento, perché difficilmente sbagliavo ortografia o tempi verbali, alla faccia di chi prendeva Buono in Grammatica e puntualmente scriveva poesie formalmente corrette ma senza anima.

Ogni volta che avevo davanti il titolo di un tema a piacere, mi sentivo elettrizzata. Impiegavo quasi venti minuti soltanto per scegliere l’incipit più accattivante e convincente possibile, dopo di che era tutto in discesa.

Nonostante questa mia grande passione per la scrittura, ho sempre trovato limitanti le parole: per quante ne conoscessi, per quanto provassi a plasmarle per farne immagini vive ed intense, non ero mai pienamente soddisfatta del risultato. Sarà che sono del Capricorno, sarà che il mio tendere alla precisione (quasi maniacale) in molti aspetti della mia vita mi allontana da una visione sana e obiettiva della realtà, fatto sta che il mio scrivere mi risulta sempre poco ‘esaustivo’.

Scrivo, leggo, rileggo, modifico, sposto, cancello, scrivo di nuovo. Dopo ore impiegate a rileggere e rielaborare gli stessi concetti, mi stanco e decido che “me li farò andar bene così”. Poi, a distanza di qualche tempo, leggo gli scritti di qualcun altro su quegli stessi argomenti, e rimango folgorata. “Come ho fatto a non pensarci? È così che avrei dovuto scriverlo! Poche frasi per rendere molto più chiaro un pensiero che io non sono riuscita ad esprimere neanche in una pagina intera!”.

Non so se capita anche a voi di pensare che a quello che scrivete manchi qualcosa. A me succede continuamente, ogni santissima volta. Sarà che io stessa mi sento ancora un po’ incompiuta, e che spesso mi perdo dietro a pensieri che si impigliano fra le maglie dei ricordi dimenticandosi momentaneamente del presente.

Se avete letto Breaking Dawn (il 4º romanzo della Saga vampiresca di Twilight di Stephenie Meyer), ricorderete la piccola Renesme, figlia di Edward e Bella. Toccando la mano di un’altra persona, aveva il potere di mostrargli i suoi ricordi come in un film, e di fargli provare ciò che lei provava in quel momento o aveva provato in passato. Senza parlare, senza descrivere, senza spiegare. Ecco, è così che vorrei poter esprimere ciò che sento, con semplicità e senza filtri.

Ma fino a che non mi trasformerò in una bellissima vampira dai super poteri, dovrò convivere con le mie difficoltà espressive e continuare a cercare e reinventare il MIO modo personale di dire ciò che sento. Anche se, in confidenza, devo ammettere che quando rifletto su questa faccenda, il mio cervelletto nevrotico di rimando mi dice:”che poi, alla fine, a chi vuoi che importi quello che scrivi tu?”. E come dargli torto? Ma visto che ho deciso di crescere ed evolvermi, farò finta che, invece, a qualcuno importi, così che la voglia di impegnarmi non svanisca in un lampo.