Non è come sembra

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Visto che ultimamente sono in fissa con le foto, eccone tre di scarsa qualità risalenti a quattro anni fa.

Avevo postato su Facebook questa stessa sequenza in occasione del giorno di San Valentino, festa che ogni anno fa molto parlare di se’, che se ne dica bene o che se ne dica male.

A voi cosa suscitano queste tre foto? Anche se già lo immagino, vi spiego quello che avrei voluto suscitassero, così che possiate darmene conferma o meno: volevo far credere che i protagonisti della storia fossero un lui e una lei in procinto di festeggiare un San Valentino speciale, e che lui le avesse fatto un invito a cena con tanto di rosa per sorprenderla e farla sentire speciale.

Ma cosa c’è di vero dietro a tutto questo? Ben poco a dire il vero, e ormai posso svelarlo.

Non fu il mio compagno di allora a regalarmi quella rosa: l’avevo ricevuta il giorno stesso da un anziano cliente che, in occasione di San Valentino, aveva voluto omaggiare tutte le donne dell’azienda in cui lavoro.

Mancando spesso i momenti di complicità, era stata mia l’idea di prenotare in un ristorante non lontano da casa, che per l’occasione aveva imbandito il locale con fiocchi e tovaglioli a forma di cuore.

Mi feci bella (o almeno ci provai), e avrei davvero voluto che quella serata fosse speciale, diversa dal tipo “cena-film-pigiama” di tutte le sere, ma il risultato fu disastroso su tutti i fronti.

Il mio ex non fu molto felice della proposta, ma si adattò e acconsentì ad andare al ristorante. Visto che l’idea era stata mia, pagai la cena nonostante fossi assolutamente insoddisfatta: non ero riuscita a mangiare il piatto che avevo ordinato da tanto era cattivo, e i momenti di silenzio erano stati molti. Nessun “come sei bella stasera”, nessuna risata complice, nessuna conversazioni interessante. La serata si concluse con aspre critiche nei confronti del ristorante che si estesero alla falsità della giornata di San Valentino.

E’ incredibile, col senno di poi, rendersi conto di quanto possiamo essere abili nel modificare e plasmare la realtà a nostro piacimento (senza accorgerci che a volte è anche a nostro discapito). Che per gli altri quella storia che avevo imbastito fosse vera o no, non era importante: la stavo creando per me stessa, per auto-convincermi che la mia vita fosse favolosa e assolutamente invidiabile.

Le mie storie, quelle che inconsapevolmente costruivo nella mia testa e che spacciavo per reali, convincevano le persone che avevo intorno tanto che mi convinsi corrispondessero a verità. E’ sconcertante comprendere a pieno quanto l’apparire sia diventato fondamentale e quanta priorità abbia su ogni altro aspetto della nostra vita.

Da qualche tempo per me non è più così in realtà, ma non ho impiegato meno di 30 anni per capire, al contrario, quando poco conti nella scala dei valori di un individuo.

E quindi diffido sempre di più da chi mette continuamente in luce la propria vita senza mai accennare alle proprie debolezze e ai propri fallimenti. Anche perché, così facendo, nasconde quelle debolezze e quei fallimenti anche ai propri occhi, esattamente come ho fatto io per moltissimi anni.

Ho acquisito questa nuova consapevolezza soltanto dopo una cocente batosta, e mi sono accorta che l’istinto di mostrare le cose belle che mi accadono è quasi sparito; non sento più la necessità di far vedere agli altri se e quanto sono felice: piuttosto custodisco gelosamente ogni risata, ogni sorpresa, ogni momento di felicità.

Probabilmente neanche questo è perfettamente sano, perché non ci trovo assolutamente niente di male nel mostrare la propria felicità; ma so bene che lo faccio per paura. Paura che l’invidia altrui possa nuocermi in qualche modo, paura che mostrare la mia felicità possa in qualche modo portarmela via, paura che mostrare le mie debolezze mi si possa ritorce contro nel caso in cui qualcuno cercasse di approfittarsene, per il proprio tornaconto o semplicemente per deridermi.

Ah…quanta importanza continuo a dare a questi “altri”, gli stessi a cui devo la mia totale mancanza di fiducia in me stessa e nel mondo che mi circonda. Sono fiduciosa che prima o poi imparerò a fare a meno di loro, o almeno della maggior parte di loro, per dar valore soltanto a me stessa e alle persone che mi amano e che amo.

 

 

 

Più blogger, meno fashion

Negli ultimi mesi mi è capitato spesso di sentirmi fuori luogo, di pensare che il fatto di non essere costantemente online faccia di me una sorta di emarginata sociale. La scelta di non condividere con gli altri ogni aspetto della mia vita (alla stregua di chi pubblica Stories e foto su Instagram quotidianamente), mi fa sentire la “strana” del gruppo, come una donna spaesata capitata per caso nel 2018, reduce da un viaggio in avanti nel tempo. E’ come se stessi vivendo in un’epoca che non mi appartiene, ma probabilmente è più vero  il contrario: sono io a non essere adatta a questo presente così social e frenetico.

Mi ritengo una persona abbastanza taciturna e riservata, timida a livelli forse esagerati, e non mi sognerei mai di mettermi a fare video in cui parlo ad ipotetici spettatori che dovrei supporre interessati a qualsiasi cosa io abbia da dire.

Probabilmente l’assunto di base parte dalla precisa idea che ho di me stessa, ovvero dalla percezione di non essere una persona interessante. Eppure amo le persone interessanti e non so stare vicino a chi non mi da stimoli.

I momenti in cui mi sento più “inadatta” alla vita odierna, sono quelli in cui mi imbatto in foto e filmati di persone che si credono “arrivate”, che sono convinte di aver fatto la differenza ma che in realtà non sanno di illudersi: il mondo si dimenticherà ben presto di loro, così come dimenticherà me e la gran parte della popolazione mondiale. Vedere persone (anche a me vicine) comportarsi da fashion blogger “de noialtri” e convincersi ogni giorno di più di aver raggiunto il successo, mi mette a disagio, in imbarazzo. E’ la stessa identica sensazione che provavo a 17 anni quando mi accorgevo che mia madre aveva preso di nascosto i miei vestiti da adolescente per andare a ballare con le amiche. Mi sentivo sommergere da un’ondata di disagio nonostante io fossi chiusa in casa e quella in giro a fare una figuraccia fosse mia madre.

Perché espressioni come: “ciao ragazzi!”, “me lo chiedete in tanti”, “cosa ne pensate del mio make up?” mi imbarazzano a tal punto da dover interrompere la story che sto guardando? Davvero non capisco come facciano ad essere così convinti che la loro vita sia talmente interessante da sentirsi in dovere di renderne pubblico ogni più insipido particolare.

“Stasera siamo a cena qui” – E sti’ cazzi.

“Questo è il mio nuovo outfit” – E sti’ doppi cazzi.

Saremo tutti concordi nell’affermare che il problema è mio, e non certo di questi novelli fashion blogger che provano a farcela in un modo o nell’altro.

Cosa c’è di sbagliato nel ritenere interessante la propria vita e pensare che possa destare interesse in qualche altro essere umano? Probabilmente niente. Probabilmente deve esserci un passaggio che mi sfugge, e probabilmente quel passaggio sono io, come l’anello debole di una catena.

Pensandoci, un punto di incontro che mi piace c’è: seguo volentieri chi lo fa con ironia, con l’intento di far sorridere gli altri, o di mandare messaggi positivi che vadano oltre il make up o l’outfit.

Il punto di incontro ha più nomi (non moltissimi in realtà, ma qualcuno esiste), e forse i mio preferito è lei: camihawke . E’ una ragazza giovane e spigliata, che non si vergogna a mostrarsi struccata o in pigiama. Ha un modo di fare molto amichevole e spensierato, spesso ironico, ed è forse una delle poche persone “famose” sui social che riesce sempre a farmi ridere con estrema semplicità. Non di rado affronta tematiche importanti, che riguardano soprattutto l’accettazione di sé o il bullismo su internet: credo che dovrebbe essere questo, in parte, il ruolo di chi può godere di una buona visibilità tra i giovani e meno giovani. Se vi va di seguirla, vi lascio qui il link al suo profilo Facebook  😉

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Prima di ogni cosa…pensate prima di aprir bocca

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E’ uscita stanotte, a mezzanotte, Prima di ogni cosa, la nuova canzone del pluri-tatuato Federico Leonardo Lucia (in arte Fedez) dedicata a Leone, il nuovo arrivato in casa #Ferragnez.

Premetto di non essere una fan ne’ del cantante ne’ della fashion blogger, ma certe cose fanno talmente tanto rumore da non poter far finta di niente.

Ho ascoltato la canzone, poi ho guardato il video uscito qualche ora più tardi, e ho pensato che fosse una dimostrazione d’amore molto tenera e comunque coraggiosa per uno come Fedez (che questo dannatissimo correttore automatico continua a modificarmi in “Fedex”), che è solito mostrarsi come un duro sulla scena mediatica.

Le parole del testo mi hanno sconvolta? No, ma non credo sia un problema. Diciamo che ho apprezzato molto il gesto, in un presente fatto in larga parte di manifestazioni di odio e violenza, e ho ritenuto giusto, fino a questo momento, conservare questo pensiero per me, certa del fatto che il mio parere non interessasse a nessuno (cosa di cui peraltro continuo ad essere fermamente convinta). Ma questa non è altro che una breve introduzione alla questione principale: pensate che il mondo dell’internet abbia fatto lo stesso? Pensate che la gente nascosta dietro allo schermo di un pc si sia limitata ad ascoltare e tenere per se la propria opinione in merito? Conosciamo tutti la risposta.

Molti follower (soprattutto donne) hanno invaso i profili dei #Ferragnez con cuori di ogni colore, emoji con gli occhi sognanti, complimenti, dimostrazioni di affetto ed esternazioni emotive. Se uno si fa prendere dal lato “umano” della cosa (e se non ha gusti musicali particolarmente sopraffini), direi che ci sta tutto. Purtroppo, però, ci sono stati molti altri follower (soprattutto uomini ma neanche le donne si sono risparmiate), che hanno attaccato la coppia con frasi del tipo:

“Molto noiosa e banale”

“Veramente un miracolato…io non so come abbia fatto questo a diventare un cantante…(e in risposta ad un utente che difendeva Prima di ogni cosa)”io con i napoletani non ci parlo perché fosse per me vi cancellerei dalla cartina geografica”.

“Chiara tesoro mio ma perché quelle scarpe demmerda per questo video?”

“Niente di speciale considerando tutta la pubblicità che avete fatto a questo brano”

“Come fare soldi anche con la faccia di vostro figlio, vi sta riuscendo bene ”

Potremmo passare ore a disquisire sul fatto che sia giusto/consigliabile/opportuno o meno condividere la propria vita e quella dei propri figli sui social, ma qui si sta parlando d’altro. Dando per assodato che la famiglia #Ferragenz questa scelta l’abbia presa da tempo e che la difenda a spada tratta (e non sarà certo il commento di un hater a fargli cambiare idea), dobbiamo renderci conto che si sta parlando semplicemente di un padre (che si chiami Fedez o Giampiero non fa alcuna differenza), che condivide col mondo un gesto d’amore nei confronti del proprio figlio. Certo, quando ti esponi a milioni di persone ti esponi anche al rischio che quello che dici o fai possano non piacere; ma la cosa che mi turba è rendermi conto di quanto basti poco alla gente, anche un appiglio di niente, per dare in escandescenza, offendere, sputare odio e invidia. Serpeggia tra le persone la voglia di aggredire, qualunque sia il motivo, e basta un niente a fargli perdere di vista qualsiasi valore. Per non dire che il loro parere non è stato minimamente richiesto.

Trovo che dovremmo fare molta più attenzione a quello che diciamo e che scriviamo, e che dovremmo parlare solo in due casi:

  • quando riteniamo di avere qualcosa di buono/bello da dire
  • quando riteniamo di avere qualcosa di costruttivo da dire.

In ogni altro caso, dovremmo imparare a tacere.

Per l’occasione vorrei condividere con voi un citazione attribuita a Socrate, grande filosofo dell’antica Grecia:

“quello che volevi raccontarmi non è né vero, né buono, né utile; perché volevi dirmelo?”

Nausea

anima in penaVi capita mai di avere la nausea?

Non so se sia un fatto psicosomatico oppure no, fatto sta che a me la nausea viene davvero molto spesso.

Al posto dello stomaco mi sembra di avere un’anima disperata in cerca di un sollievo che non sa trovare; la fame sparisce (il che, normalmente, è cosa assai rara), ogni senso del mio corpo è concentrato su quel malessere che non si allevia mai, e avrei soltanto voglia di starmene accartocciata sul divano nell’attesa che quella se ne vada.

E come quando si ha la nausea non si ha voglia di mangiare, allo stesso modo, nelle ultime settimane non ho avuto voglia di condividere alcunchè con nessuno. Ho soltanto sentito la necessità di starmene un po’ per conto mio, senza parlare e senza ascoltare, senza mostrare e senza guardare.

Mi sono resa conto che non riesco a stare costantemente in sella, anche se la società odierna non chiede altro che costanza, pena la scomparsa nell’oblio. Il fatto è che ogni tanto ho proprio bisogno di scendere, di riposare le mie braccia stanche, di sgranchirmi le gambe, di fermarmi ad ammirare il paesaggio, riflettere sul tratto appena percorso e capire la direzione che voglio prendere per il futuro.

Probabilmente non è un comportamento da persona equilibrata e normale, ma non ho mai detto di esserlo.