Non so se capiti a tutti di subire una battuta d’arresto intorno ai trent’anni, ma a me certamente sta accadendo e non so davvero se riuscirò a ripartire.
Per me è tempo di realizzare che non salterà fuori alcun super potere che non pensavo di avere, nessun talento nascosto in grado di rendermi ricca e famosa, nessuno zio d’America che possa lasciarmi in eredità il suo impero milionario. Tutto ciò che ho (ammesso che qualcosa ci sia), l’ho ottenuto con le mie sole forze, nessuno mi ha mai regalato niente, e se quello che vorrei davvero è ancora lontano, significa che non ci ho creduto abbastanza o che la strada che sto percorrendo non è quella giusta.
E’ dura fare i conti con un tempo che sembrava infinito, che mi faceva sentire così potente da poter rimandare qualsiasi cosa, e che invece adesso si mostra per quello che è veramente: qualcosa di effimero e che non ho mai davvero posseduto.
Inizio a chiedermi chi sono diventata, se ho rispettato i sogni e le speranze della bambina che ero. Ma se me lo sto chiedendo, forse la risposta è no.
Sono solo in parte d’accordo con quelli che portano alta la bandiera del “Se vuoi, puoi”, perché credo più fortemente che ci sia un tempo per tutto. Ad esempio: ho sempre pensato che sarei diventata madre prima dei trent’anni, non tanto per l’idea della famiglia in sé, quanto perché adoro i bambini e ciò che mi fanno provare. Adesso che di anni ne ho 33, di figli neanche l’ombra; vuoi perché la vita che avevo costruito è andata a rotoli, vuoi perché la nuova vita ha bisogno dei suoi spazi, vuoi perché non mi sento ancora pronta a dedicare ad un altro essere umano ogni cellula del mio corpo ed ogni istante delle mie giornate.
Sarà che sulle cose ci rimugino troppo, sarà quel che vi pare, ma reputo che certi passi siano talmente importanti da necessitare tutta l’attenzione e la riflessione di cui sono capace. Il problema poi è che per quanto io tenti di pianificare (anche solo sommariamente) gli anni che spero di avere ancora davanti, ecco che l’ansia arriva a mettermi pressione. “Perché aspettare ancora? Una casa e un lavoro ce li hai, una persona che ami e che ti ama pure, di cos’altro hai bisogno?”. “E se poi quando provassi ad avere un figlio scoprissi che non puoi averne?”. “Tra sette anni sarai una quarantenne, e allora un figlio potrai pure scordartelo”.
Come dare torto alla mia ansia?
Spero non me ne voglia, ma la questione è ancora più complicata di così.
Sono sempre stata una persona viva e attiva, passionale ed istintiva (non che l’istintività sia necessariamente una buona cosa, ma certamente mi caratterizzava). Ho sempre sentito dentro un fuoco ardente, una fontana zampillante in grado di spingermi ad essere curiosa, a creare, sperimentare, imparare. Ma da qualche tempo a questa parte è come se quella fiamma avesse perso forza, come se non ci fosse più niente a spingermi in avanti. E così adesso mi ritrovo qui, in questo preciso istante, a parlare con me stessa e a chiedermi:”Cosa c’è che non va? Cos’è che ti manca?”.
Forse speravo che sarei diventata “qualcuno”, che avrei fatto della mia vita una gran meraviglia, e dover fare i conti con una quotidianità del tutto anonima e priva di brio mi ferisce più di quanto qualsiasi altra cosa possa fare.
Quindi aveva ragione mia madre quando mi diceva che non avrei mai combinato niente di buono. Quando le annuncia che mi sarei iscritta all’università, mi disse senza mezzi termini:”Che studi a fare? Tanto cosa vuoi combinare tu?”.
E solo adesso mi rendo conto di essermi spinta nella direzione opposta a quella che sarebbe stata consona per me. Pur di allontanarmi da lei (e di non diventare come lei) ho fatto esattamente ciò si aspettava, diventando ciò che mi hai sempre accusato di essere: un’inutile, una “mezzoservizio”, un’idiota, una “mammalucca”.
Avrei voluto studiare architettura, o magari psicologia. Avrei voluto aprire un blog di successo, avere tanti amici, sposarmi e avere almeno due figli con la persona che avrei avuto accanto per la vita. E invece la mia realtà non somiglia affatto ai sogni che avevo fino a qualche anno fa.
Complimenti mamma, hai vinto. So che la cosa non ti tocca minimamente, ma in ogni caso non è con te che ce l’ho.
Per rialzarmi dovrei solo riuscire a perdonare me stessa per la persona piena di dubbi e paure che sono diventata. Vorrei ripetermi che c’è ancora tempo, che c’è ancora spazio, che se mi impegno e comincio ad amarmi posso davvero cambiarla questa vita, anche se i vent’anni sono andati.
Il problema è che per farlo dovrei almeno crederci. Almeno un po’.