Approfondiamo la ferita da umiliazione e la maschera del masochista.

In questo post avevo già accennato alla ferita da umiliazione e alla sua maschera, quella del masochista, ma ho preferito approfondire il discorso andando direttamente all’origine grazie al libro “Le 5 ferite e come guarirle” di Lise Bourbeau.

Quindi, ricapitolando, la ferita da umiliazione si risveglia tra il primo e il terzo anno di età, con il genitore che si è occupato del nostro sviluppo fisico (solitamente la madre).

masochistaLa maschera di chi soffre di questa ferita, è quella del masochista, che presenta un corpo cicciottello, tondo, non molto alto, ed un viso rotondo e aperto. Caratterialmente, ci troviamo di fronte ad una persona empatica, ipersensibile, che si sente ferita con poco, che facilmente arriva a sentirsi umiliata e sminuita, e proprio per questo si comporta in modo da non ferire gli altri. Anche perché, quando si accorge che una persona (specialmente tra quelle che ama), sta passando un periodo spiacevole, si sente infelice e crede di esserne responsabile…anche quando non c’entra assolutamente niente.

Spesso viene riconosciuto per le sue capacità di far ridere gli altri ridendo di sé. E’ molto espressivo quando racconta un aneddoto, e trova sempre un modo per rendere divertenti le cose che racconta: il fatto di prendere se stesso di mira per fare ridere gli altri, è un modo inconscio di umiliarsi, di sminuirsi, di modo che nessuno possa accorgersi che la paura di provare vergogna sia nascosta sotto parole che mettono di buon umore.

Le persone che soffrono di umiliazione sono spesso indotte a rimproverarsi per tutto, fino ad addossarsi le colpe altrui: è il loro modo di sentirsi “brave persone”.

Per il masochista la libertà è il valore più importante: per lui essere libero significa non dover rendere conto a nessuno, non essere controllato e fare quello che vuole quando vuole. Ma allo stesso tempo la libertà rappresenta anche la sua più grande paura, perchè genera il lui la convinzione di non saperla gestire. Inconsciamente, dunque, fa il possibile per non essere libero, ed è quasi sempre lui a deciderlo. Probabilmente da bambino non si è mai sentito libero, soprattutto con i suoi genitori, che potrebbero avergli impedito di uscire o di instaurare un rapporto con determinati amici, o che ancora potrebbero averlo subissato di compiti e responsabilità in casa (come ad esempio la cura dei fratelli minori). Va precisato però che il masochista è anche molto incline a crearsi da solo degli obblighi e ad auto-unirsi prima che lo facciano gli altri: è come se volesse somministrarsi il primo colpo, preparandosi affinchè i copi degli altri gli facciano meno male.

Il senso del dovere è molto importante per le persone masochiste, ma mai in relazione a se stesse. Prendiamo ad esempio una donna che aspetta ospiti per cena: farà pulizie accurate affinchè la casa risplenda, ma non farà mai la stessa cosa unicamente per se stessa, nonostante preferisca avere una casa pulita e ordinata; questo perchè non si ritiene abbastanza importante da meritarlo.

Si tratta di una persona che prova vergogna facilmente, perchè fin da piccola è stata influenzata dalle nozioni di peccato, di sporco e di porcheria spesso collegate alla sessualità. Nonostante sia spesso una persona molto sensuale, prova vergogna sul piano sessuale e tende a non ascoltare i propri bisogni. Oltre a provare vergogna di sé, prova spesso vergogna degli altri o ha paura che gli altri si vergognino di lui.

I riflessi di questa ferita, oltre che nella forma del corpo, si possono manifestare in disturbi respiratori (per il fatto che si lascia soffocare dai problemi altrui), disturbi a gambe e piedi (varici storte, fratture), momenti di bulimia (in cui mangerà di nascosto, senza però rendersi veramente conto di cosa mangia), disturbi alla schiena, alle spalle, alla gola e alla tiroide. Normalmente prova sensi di colpa e vergogna nel mangiare più o meno qualsiasi cosa, ma soprattutto con gli altrimenti che ritiene responsabili dell’eccesso di peso come il cioccolato. Più una persona pensa di aver mangiato troppo e si sente per questo colpevole, più il cibo ingurgitato la farà ingrassare. Ma il cibo è una delle principali consolazioni per il masochista, e da una parte è la sua ancora di salvezza perchè attraverso di esso riesce a gratificarsi. Quando comincerà a gratificarsi anche con altri mezzi, proverà meno necessità di ricorrere al cibo. Normalmente si condanna per la sua dipendenza dal cibo, ma non dovrebbe prendersela con se stesso per questo suo comportamento perché è sicuramente questo comportamento ad averlo salvato fin qui.

Come per le altre ferite, anche per quella da umiliazione la causa principale proviene dall’incapacità di perdonarsi quello che si fa a se stessi o che si fa subire agli altri: ci è difficile perdonarci perché in generale siamo inconsapevoli di avercela con noi stessi. Più profonda è la ferita da umiliazione, più la persona che ne è affetta si umilia sminuendosi o paragonandosi agli altri; è solita umiliare anche le altre persone, vergognandosi di loro o volendo far troppo per loro.

Quando rimproveriamo qualcosa agli altri, facciamoci attenzione: probabilmente gli stiamo rimproverando esattamente ciò che noi facciamo e che vogliamo vedere.

 

 

Approfondiamo la ferita da abbandono e la maschera del dipendente

Vi è mai capitato, durante una conversazione, di bloccarvi improvvisamente (per rabbia o delusione) quando vi siete accorti che il vostro interlocutore buttava l’occhio all’orologio proprio mentre voi stavate parlando? Per caso in passato siete stati dei bambini deboli e cagionevoli? Siete miopi? Oppure ancora: odiate mangiare da soli e non vi sognate neanche di lasciare qualcosa nel piatto? Se una o più di queste situazioni vi sono familiari, potreste soffrire della ferita da abbandono.

E’ tra il primo ed il terzo anno di età che il bambino vive la ferita da abbandono con il genitore del sesso opposto. Non è raro che ci soffre di abbandono, soffra anche per il rifiuto: un bambino può sentirsi rifiutato dal genitore dello stesso sesso, e abbandonato da quello di sesso opposto che (secondo lui) avrebbe dovuto impedire all’altro genitore di rifiutarlo. Un po’ un cane che si morde la coda a leggerlo così: ma quando siamo piccolissimi, non abbiamo riferimenti e punti saldi che ci consentano di razionalizzare ciò che succede intorno a noi, e quindi mano a mano ci costruiamo una maschera che ci aiuti ad alleggerire la sofferenze che proviamo: in questo caso, la maschera del dipendente. Quella da abbandono è una ferita che dovremmo cercare di guarire al più presto, perché finché continueremo a soffrirne e ad essere in collera (inconsciamente o meno) con uno dei nostri genitori, le relazioni con le persone dello stesso sesso di quel genitore saranno complicate anche in età adulta.

Ma di cosa soffre un dipendente? Del non sentirsi “nutrito” dal punto di vista affettivo. Questa mancanza, paradossalmente, si riflette spesso nell’ostentazione di un apparente sicurezza: chirurgia estetica e sviluppo eccessivo dei muscoli attraverso il body-bulding sono i mezzi più utilizzati. Ma più semplicemente, in ogni situazione in cui cerchiamo di nascondere il nostro corpo agli altri, stiamo in realtà cercando di nasconderlo a noi stessi, insieme alle ferite che esso riflette.

Il dipendente lo si può riconoscere spesso nei panni di “salvatore”; non è inusuale che si comporti da genitore nei confronti dei fratelli, o che cerchi in tutti i modi di salvare dalle difficoltà la persona che ama; in ogni caso cerca di farsi carico di responsabilità che non sono sue, e questo gli provoca spesso forti mal di schiena.

Altra caratteristica del dipendente, sono gli “alti e bassi”: per un periodo è felice e spensierato, poi improvvisamente si sente triste e abbattuto; il fatto che non ci sia una causa scatenante lo porta a riflettere (il che non vuol dire che arrivi alla risposta che sta cercando). Potrebbe essere forse la paura della solitudine la spiegazione dei suoi crolli? Di certo, il dipendente avverte più di qualunque altra maschera il senso profondo della tristezza, senza poter minimamente indovinare da dove essa scaturisca. Cercare la presenza degli altri può aiutarlo a ricacciarla, così come abbandonare la persona o la situazione che (secondo lui), è causa di questa tristezza.

Ciò che più anela, è il sostegno, l’approvazione altrui. Spesso può passare per uno che ha difficoltà a prendere decisioni, ma in realtà se dubita della propria scelta è perché ha paura di non trovare il consenso degli altri.

Coloro che soffrono della ferita da abbandono, sono spesso in conflitto con se stessi perché, se da un lato vorrebbero molte attenzioni, dall’altro temono che chiedendone troppe possano disturbare ed essere per questo definitivamente abbandonati. La stessa cosa succede quando sono in coppia: molto spesso preferiscono credere che tutto vada a gonfie vele solo per la paura di essere abbandonati, o addirittura lasciare per non essere lasciati (sembra assurdo vero?).

Il “brutto vizio” di chi soffre di abbandono, è credere che comportandosi in modo sempre carino e gentile con gli altri, anche gli altri si comporteranno di conseguenza, cercando di non risultare freddi o autoritari nei suoi confronti. Ma mai credenza fu più sbagliata, e ogni atteggiamento “brusco” che inevitabilmente gli si presenta davanti, fa scoppiare il lacrime il dipendente. Tra i pro, c’è sicuramente la forte empatia che riesce a provare nei confronti degli altri; ma anche questa può diventare un arma a doppio taglio quando si lascia invadere del tutto dalle emozioni altrui.

Chi soffre di ferita da abbandono potrebbe soffrire anche di agorafobia: spesso definita “fobia degli spazi aperti e della folla” (anche un supermercato rientra in questa definizione). Gli agorafobici hanno il timore del giudizio degli altri in relazione allo stare male in pubblico, oppure temono di stare male in situazioni o luoghi in cui non potrebbero essere soccorsi o da cui non possono fuggire; di conseguenza, si attivano meccanismi di evitamento delle situazioni ansiogene al fine di escludere la possibilità dell’insorgenza del panico.

abbandono

Chi soffre di questa ferita, può avere un corpo allungato, sottile, ipotonico, floscio, con gambe deboli e schiena curva, nonché occhi grandi e tristi. Potrebbe soffrire anche di bulimia.

Ovviamente, a seconda dell’intensità della ferita che ci portiamo dentro, tutte le caratteristiche fisiche e comportamentali descritte fino ad ora potrebbero presentarsi in maniera più o meno evidente. Infatti, oltre ad osservare il nostro fisico e i nostri atteggiamenti, dovremmo fare molta attenzione a ciò che ci disturba: molto spesso rimproveriamo agli altri tutto ciò che noi stessi facciamo e non vogliamo vedere.

(Qui il primo post sulla ferita da abbandono).