Diffida da chi non cambia mai

chemistry_by_mellicida-d29hxkr

C’è una frase di Carl Jung che mi ha sempre affascinata, e di cui credo di aver colto il reale significato soltanto di recente. La citazione recita quanto segue:

“L’incontro tra due personalità è come il contatto di due sostanze chimiche: se c’è una reazione, entrambe vengono trasformate”.

Col senno di poi siamo tutti bravi a capire come stiano realmente le cose; il difficile è rendersene conto mentre ci siamo dentro con tutte le scapre. Io non sono mai stata brava a farlo, e mi sono sempre illusa di essere nel posto e nel momento in cui avrei dovuto e voluto essere. Solo adesso guardando indietro vorrei che qualcuno mi avesse fatto riflettere, vorrei che qualcuno mi avesse detto:” Adesso fermati, lascia da parte sogni e sentimenti e descrivimi la tua vita attuale con oggettività ”. Probabilmente mi sarei accorta di essere fuori dal tempo e dallo spazio che mi si addicevano davvero. Solo adesso infatti mi rendo conto che nel percorso fatto fino ad ora, l’unica a cambiare e a trasformarsi sono stata io: non mi accorgevo che le persone che avevo accanto restavano immutate, ferme nelle loro posizioni come guardiani impassibili a difesa del loro castello. Io ero certa che una reazione ci fosse, perché la sentivo esplodere dentro al petto; non mi rendevo conto però che la reazione che vedevo negli altri era solo un inganno, il riflesso dei miei cambiamenti nelle loro armature lucenti.

Sempre col senno di poi, mi ripeto senza sosta:” Come hai potuto essere così stupida e così cieca? “. Ma sto anche imparando ad essere più clemente con me stessa, e vorrei riuscire a perdonarmi. Anche perché continuare a farsene una colpa è inutile se non addirittura nocivo: devo semplicemente imparare a far tesoro di questo errore anziché continuare a compiangermi per averlo commesso.

In definitiva: meglio diffidare di chi non cambia mai e resta sempre identico a se stesso.

 

 

Il desiderio di sentirsi importanti

Siete mai stati assaliti dal desiderio impellente di cambiare?

Cambiare look, cambiare lavoro, cambiare la persona che avevate accanto, cambiare vita?

Vi siete mai sentiti legati a terra, immobili come statue di marmo sepolte dal fango?

Io mi sono sentita così per lungo tempo, in trappola come un palloncino stretto nella mano di un bambino che proprio non voleva saperne di lasciarmi volare via. Quel bambino lo conosco bene: è il mio passato, l’insieme delle esperienze negative e delle brutte cose che mi sono state dette e di cui mi sono convinta man mano che diventavo grande.

Mi sono illusa, fino a non troppo tempo fa, che salire determinati gradini “sociali” fosse la chiave per raggiungere sogni ed obiettivi e, perché no, la felicità.

Probabilmente capita anche a voi di inseguire qualcosa che neanche voi sapete come definire: sapete solo che la volete a tutti i costi. Allora vi lanciate in mille nuove avventure, certi che sarà la volta buona. Un lavoro stabile, un fidanzamento, il matrimonio, dei figli, case, libri, viaggi, fogli di giornale…

Poi magari quegli “status” sociali riuscite davvero a raggiungerli, ma nonostante questo sentite che c’è qualcos’altro che vi sfugge passandovi tra le dita come un soffio di vento. 

Non dovremmo colpevolizzarci troppo per questo. D’altronde ci hanno da sempre persuasi che la felicità fosse una mera somma di “cose”: un lavoro + una casa + una macchina + un compagno di vita + dei figli + una pizza la domenica sera = felicità. Ma l’anima non si ciba soltanto di “cose”: ha bisogno anche e soprattutto di amore, di approvazione, di incoraggiamento. 

Un noto filosofo statunitense, un certo John Dewey, disse che il bisogno più sentito della natura umana è il desiderio di essere importanti, e che la gente lo persegue infaticabilmente al pari di procurarsi cibo, sonno e denaro. Eppure, quando si tratta di “prenderci cura” delle persone che amiamo, non soddisfiamo quasi mai questo bisogno primario. Non lasceremmo i nostri figli un solo giorno senza cibo, ma li lasciamo  per anni senza la gratificazione di cui hanno bisogno tanto quanto del cibo. Così hanno fatto con noi i nostri genitori perché così è stato fatto con loro quando erano solo dei bambini. Probabilmente il cibo non gli è mancato, ma forse la fiducia in loro stessi sì.

A volte gratificare qualcuno può cambiargli la vita, e credo che dovremmo spezzare questa catena ripartendo proprio dalla fiducia in noi stessi per cambiare DAVVERO una realtà che sentiamo un po’ stretta: è un sentiero nuovo, inesplorato, che può fare anche un po’ paura, ma che allo stesso tempo immagino costellato di momenti di felicità. Dicono che una volta imboccato quel sentiero non si avverta più il bisogno di correre, ma soltanto il piacere di godersi il viaggio. 

 

Prima di ogni cosa…pensate prima di aprir bocca

fedez-13

E’ uscita stanotte, a mezzanotte, Prima di ogni cosa, la nuova canzone del pluri-tatuato Federico Leonardo Lucia (in arte Fedez) dedicata a Leone, il nuovo arrivato in casa #Ferragnez.

Premetto di non essere una fan ne’ del cantante ne’ della fashion blogger, ma certe cose fanno talmente tanto rumore da non poter far finta di niente.

Ho ascoltato la canzone, poi ho guardato il video uscito qualche ora più tardi, e ho pensato che fosse una dimostrazione d’amore molto tenera e comunque coraggiosa per uno come Fedez (che questo dannatissimo correttore automatico continua a modificarmi in “Fedex”), che è solito mostrarsi come un duro sulla scena mediatica.

Le parole del testo mi hanno sconvolta? No, ma non credo sia un problema. Diciamo che ho apprezzato molto il gesto, in un presente fatto in larga parte di manifestazioni di odio e violenza, e ho ritenuto giusto, fino a questo momento, conservare questo pensiero per me, certa del fatto che il mio parere non interessasse a nessuno (cosa di cui peraltro continuo ad essere fermamente convinta). Ma questa non è altro che una breve introduzione alla questione principale: pensate che il mondo dell’internet abbia fatto lo stesso? Pensate che la gente nascosta dietro allo schermo di un pc si sia limitata ad ascoltare e tenere per se la propria opinione in merito? Conosciamo tutti la risposta.

Molti follower (soprattutto donne) hanno invaso i profili dei #Ferragnez con cuori di ogni colore, emoji con gli occhi sognanti, complimenti, dimostrazioni di affetto ed esternazioni emotive. Se uno si fa prendere dal lato “umano” della cosa (e se non ha gusti musicali particolarmente sopraffini), direi che ci sta tutto. Purtroppo, però, ci sono stati molti altri follower (soprattutto uomini ma neanche le donne si sono risparmiate), che hanno attaccato la coppia con frasi del tipo:

“Molto noiosa e banale”

“Veramente un miracolato…io non so come abbia fatto questo a diventare un cantante…(e in risposta ad un utente che difendeva Prima di ogni cosa)”io con i napoletani non ci parlo perché fosse per me vi cancellerei dalla cartina geografica”.

“Chiara tesoro mio ma perché quelle scarpe demmerda per questo video?”

“Niente di speciale considerando tutta la pubblicità che avete fatto a questo brano”

“Come fare soldi anche con la faccia di vostro figlio, vi sta riuscendo bene ”

Potremmo passare ore a disquisire sul fatto che sia giusto/consigliabile/opportuno o meno condividere la propria vita e quella dei propri figli sui social, ma qui si sta parlando d’altro. Dando per assodato che la famiglia #Ferragenz questa scelta l’abbia presa da tempo e che la difenda a spada tratta (e non sarà certo il commento di un hater a fargli cambiare idea), dobbiamo renderci conto che si sta parlando semplicemente di un padre (che si chiami Fedez o Giampiero non fa alcuna differenza), che condivide col mondo un gesto d’amore nei confronti del proprio figlio. Certo, quando ti esponi a milioni di persone ti esponi anche al rischio che quello che dici o fai possano non piacere; ma la cosa che mi turba è rendermi conto di quanto basti poco alla gente, anche un appiglio di niente, per dare in escandescenza, offendere, sputare odio e invidia. Serpeggia tra le persone la voglia di aggredire, qualunque sia il motivo, e basta un niente a fargli perdere di vista qualsiasi valore. Per non dire che il loro parere non è stato minimamente richiesto.

Trovo che dovremmo fare molta più attenzione a quello che diciamo e che scriviamo, e che dovremmo parlare solo in due casi:

  • quando riteniamo di avere qualcosa di buono/bello da dire
  • quando riteniamo di avere qualcosa di costruttivo da dire.

In ogni altro caso, dovremmo imparare a tacere.

Per l’occasione vorrei condividere con voi un citazione attribuita a Socrate, grande filosofo dell’antica Grecia:

“quello che volevi raccontarmi non è né vero, né buono, né utile; perché volevi dirmelo?”