11° giorno a New York – Madison Square Garden, tour dei Rooftop

3 Gennaio 2020: 3° tentativo di visitare il Medison Sqaure Garden che fortunatamente è andato a buon fine. Abbiamo scelto di fare l’ultimo tour, quello delle 15:00, così da avere il tempo per un buon pranzo tranquillo. Abbiamo optato per un ristorante giapponese un po’ nascosto ma ben recensito su Tripadvisor: Izakaya Mew. Fatto salvo per il sushi che non ci ha fatto impazzire, il resto era davvero ottimo!

Il tour è stato rapido ma carino: abbiamo appreso di alcuni famosissimi eventi che hanno avuto luogo al Madison Square Garden (che negli anni è stato rifatto da capo ben 3 volte!), visto le suites per gli spettatori più importanti e gli spogliatoi dei Knicks. Il bello di questo enorme palazzetto è che nel giro di poche ore può trasformarsi da campo da basket a pista di ghiaccio ad arena per le lotte tra tori.

Al termine del tour abbiamo fatto un giretto veloce in un paio di negozi e siamo  tornati in albergo per poterci cambiare e ripartire per il tour dei rooftop (lo abbiamo prenotato attraverso il sito de Il Mio Viaggio a New York giusto un paio di giorni prima). Alle 19 in punto eravamo davanti al Paramount Hotel di Times Square, base di partenza per il tour. Nella mail informativa che indicava orario e luogo dell’incontro, era anche specificato di indossare un abbigliamento adeguato e scarpe non sportive; ad alcuni partecitanti infatti sono state fatte molte storie per via delle scarpe da trekking che indossavano, perchè c’era il forte rischio che i buttafuori all’ingresso non gli permettessero di accedere ai club. Alla fine è andato tutto bene, probabilmente perchè i club sono abituati a turisti distratti che sopravvengono alle regole del dress code, anche perchè sono certa che questi tour organizzati gli portino diversi introiti. Ad ogni modo, è sicuramente un dettaglio a cui fare attenzione.

Il primo rooftop che abbiamo raggiunto col pullman è stato il “230“, che avevamo già visitato in autonomia (un club davvero carino disposto su due piani, uno al chiuso e uno all’aperto con tanto di igloo trasparenti per proteggere le persone dal freddo).

Poi ci hanno portati al Monarch, molto più picciolo del precedente ma con l’Empire State Building praticamente sulla testa.

rhdr

Monarch

L’ultimo rooftop è stato lo Sky Room, vicino a Times Square: due piani entrambi al coperto e una vista bellissima.

In tutti e tre i locali la guida si occupava di preparare un drink alcolico uguale per tutti (tranne per chi chiedeva un analcolico e poteva scegliere tra Coca Cola, succo di frutta e poco altro). Il tempo di permanenza in ciascun club è stato di circa 50 minuti, quindi il tempo per ordinare qualcosa da mangiare o di fare un’altra bevuta praticamente non c’era. Ad ogni modo ci ha dato la possibilità di conoscere alcuni club molto alla moda, frequentati dai giovani newyorkesi, e di non doverci sbattere per gli spostamenti tra uno e l’altro avendo a disposizione sempre il pullman che ci aspettava in strada.

Il mio viaggio “fai da te” a New YorkIMG_5362

6° giorno a New York – Gospel ad Harlem, Black Iron Burger, Madame Tussauds

Per la giornata del 29 Dicembre avevamo fatto dei piani che sono andati totalmente a rotoli, ma non per questo ci siamo lasciati abbattere!

Avremmo voluto essere nel quartiere di Harlem intorno alle 10.30 per poter assistere ad un coro gospel. Purtroppo a causa di un guasto elettrico diverse linee della metro sono state sospese, il problema è stato scoprirlo soltanto all’arrivo alla stazione successiva.  Il risultato è stato che quando siamo arrivati ad Harlem con mezz’ora di ritardo, la First Baptist Church era già al completo e non ci hanno permesso di entrare neanche per una rapida occhiata. Senza perdere la speranza, abbiamo continuato a girovagare nel quartiere di Harlem (con l’aiuto del nostro fidato Google Maps) per trovare un’altra parrocchia che ci accettasse, ma purtroppo non siamo riusciti a trovarne.

rhdr

Per questo lungo la strada del ritorno abbiamo deciso di consolarci con 2 donuts (dalla mia espressione dovreste intuire se fossero buoni o meno 😉 e siamo tornati alla First Baptist Church che distava pochi passi dalla metro.

rhdr

Notando che alcune persone uscivano, abbiamo riprovato ad entrare a messa già iniziata e fortunatamente questa volta è andata bene. Siamo arrivati nel bel mezzo di un canto gospel, che non ha molto a che vedere con i cori gospel a cui ci hanno abituato coi film: il tutto appare più come uno spettacolo interattivo, con schermi giganti, tre soli cantanti, la gente sugli spalti coinvolta con “Amen”, incitamenti ed applausi, e il pastore come unica vera stella protagonista dello show. Ad un certo punto i fedeli sono stati invitati a tenersi per mano e, durante quello che i cattolici definiscono “scambio della pace”, una signora di colore seduta accanto a me mi ha pure abbracciato. L’ho trovata una cosa molto tenera e che fra estranei non ci sogneremmo mai di fare, ma che in quel contesto calzava a pennello dal momento che tutti in quel teatro erano profondamente partecipi e coinvolti.

Dopo circa mezz’ora di sermone, capendo che il pastore ne avrebbe avuto ancora per molto, abbiamo deciso di abbandonare la messa e partire alla volta del Madison Square Garden. Purtroppo all’arrivo abbiamo scoperto che tutti i posti per il tour erano prenotati e siamo stati costretti a rimandare la visita.

IMG_5138

Giusto per prenderci una pausa, ci siamo fermati a mangiare un hamburger al Black Iron Burger verso le 14.30. I tavoli erano tutti occupati, e per non dover aspettare 40 minuti (rigorosamente in piedi) abbiamo optato per mangiare seduti al bancone del bar, esperienza comunque simpatica e che ci ha fatto sentire come se fossimo newyorkesi doc.

mde

La carne dei panini era davvero squisita, e a rovinarci è stato il contorno: un piatto di patatine fritte con salsa di cipolla, cipollotti e bacon che dopo ore ancora non eravamo riusciti a digerire!

Appena fuori dal pub, ci siamo accorti che cominciava a piovere (una pioggia sottilissima molto simile a quella inglese), quindi abbiamo optato per una vicina attrazione al coperto inclusa nel New York Pass: il Madame Tussauds. Carino, al solito, con giusto 2 o 3 cose degne di nota, ma per il resto niente di trascendentale; d’altrone quando ne hai visto uno li hai praticamente visti tutti. Terminato il giro facendo quasi a spallate con le migliaia di altri visitatori, siamo rientrati distrutti alla base.

Dopo soli 6 giorni a NY, mi sono resa conto che noi italiani non siamo fatti per vivere in una città come quella: file per andare al bagno, per prendere un caffè da Sturbuck’s, per comprare un biglietto, per accedere ad un’attrazione, per mangiare. Non so se sia così per tutti, ma decisamente non farebbe per me.

 

Il mio viaggio “fai da te” a New York