6° giorno a New York – Gospel ad Harlem, Black Iron Burger, Madame Tussauds

Per la giornata del 29 Dicembre avevamo fatto dei piani che sono andati totalmente a rotoli, ma non per questo ci siamo lasciati abbattere!

Avremmo voluto essere nel quartiere di Harlem intorno alle 10.30 per poter assistere ad un coro gospel. Purtroppo a causa di un guasto elettrico diverse linee della metro sono state sospese, il problema è stato scoprirlo soltanto all’arrivo alla stazione successiva.  Il risultato è stato che quando siamo arrivati ad Harlem con mezz’ora di ritardo, la First Baptist Church era già al completo e non ci hanno permesso di entrare neanche per una rapida occhiata. Senza perdere la speranza, abbiamo continuato a girovagare nel quartiere di Harlem (con l’aiuto del nostro fidato Google Maps) per trovare un’altra parrocchia che ci accettasse, ma purtroppo non siamo riusciti a trovarne.

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Per questo lungo la strada del ritorno abbiamo deciso di consolarci con 2 donuts (dalla mia espressione dovreste intuire se fossero buoni o meno 😉 e siamo tornati alla First Baptist Church che distava pochi passi dalla metro.

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Notando che alcune persone uscivano, abbiamo riprovato ad entrare a messa già iniziata e fortunatamente questa volta è andata bene. Siamo arrivati nel bel mezzo di un canto gospel, che non ha molto a che vedere con i cori gospel a cui ci hanno abituato coi film: il tutto appare più come uno spettacolo interattivo, con schermi giganti, tre soli cantanti, la gente sugli spalti coinvolta con “Amen”, incitamenti ed applausi, e il pastore come unica vera stella protagonista dello show. Ad un certo punto i fedeli sono stati invitati a tenersi per mano e, durante quello che i cattolici definiscono “scambio della pace”, una signora di colore seduta accanto a me mi ha pure abbracciato. L’ho trovata una cosa molto tenera e che fra estranei non ci sogneremmo mai di fare, ma che in quel contesto calzava a pennello dal momento che tutti in quel teatro erano profondamente partecipi e coinvolti.

Dopo circa mezz’ora di sermone, capendo che il pastore ne avrebbe avuto ancora per molto, abbiamo deciso di abbandonare la messa e partire alla volta del Madison Square Garden. Purtroppo all’arrivo abbiamo scoperto che tutti i posti per il tour erano prenotati e siamo stati costretti a rimandare la visita.

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Giusto per prenderci una pausa, ci siamo fermati a mangiare un hamburger al Black Iron Burger verso le 14.30. I tavoli erano tutti occupati, e per non dover aspettare 40 minuti (rigorosamente in piedi) abbiamo optato per mangiare seduti al bancone del bar, esperienza comunque simpatica e che ci ha fatto sentire come se fossimo newyorkesi doc.

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La carne dei panini era davvero squisita, e a rovinarci è stato il contorno: un piatto di patatine fritte con salsa di cipolla, cipollotti e bacon che dopo ore ancora non eravamo riusciti a digerire!

Appena fuori dal pub, ci siamo accorti che cominciava a piovere (una pioggia sottilissima molto simile a quella inglese), quindi abbiamo optato per una vicina attrazione al coperto inclusa nel New York Pass: il Madame Tussauds. Carino, al solito, con giusto 2 o 3 cose degne di nota, ma per il resto niente di trascendentale; d’altrone quando ne hai visto uno li hai praticamente visti tutti. Terminato il giro facendo quasi a spallate con le migliaia di altri visitatori, siamo rientrati distrutti alla base.

Dopo soli 6 giorni a NY, mi sono resa conto che noi italiani non siamo fatti per vivere in una città come quella: file per andare al bagno, per prendere un caffè da Sturbuck’s, per comprare un biglietto, per accedere ad un’attrazione, per mangiare. Non so se sia così per tutti, ma decisamente non farebbe per me.

 

Il mio viaggio “fai da te” a New York

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