12° e 13° giorno a New York – Winter Village, Central Park

Quella del 4 Gennaio è stata una giornata fatta unicamente di shopping e spostamenti.

Se non ci avessero spostato il volo di ritorno, questo sarebbe stato il nostro ultimo giorno a New York, quindi siamo stati contenti di avere a disposizione qualche ora in più da passare nella Grande Mela pur se con qualche sbattimento in più.

La mattina abbiamo preparato le valige e fatto il check out dall’Aka Central Park intorno alle 11. Saremmo voluti andare nel Bronx (anche fosse soltanto per vedere la famosa scalinata del film Joker – 2019), ma per questioni di tempisitiche abbiamo preferito restare in zona: abbiamo fatto un giro al Winter Village di Bryant Park, un aggregato di negozietti hand made posizionati intorno ad una pista di pattinaggio sul ghiaccio. Da qui abbiamo raggiunto un “I love NY” (a Times Square ne trovate uno ogni 10 metri!) per gli ultimi regali da portare a parenti e amici. Quindi siamo ripartiti verso Katz’s Delicatessen per il pranzo: fila lunga ma non troppo lenta all’esterno, e corta ma interminabile all’interno! Abbiamo diviso un pastrami e preso un pastrami sottovuoto da portare a casa.

Verso le 17 siamo tornati all’Aka Central Park per prendere i bagagli che carinamente ci avevano messo da parte, e visto che per portarci a Newark in taxi ci avevano chiesto 140$, ci siamo organizzati con i mezzi pubblici: metro fino a Bryant Park,  6 minuti a piedi per raggiungere il terminal degli autobus (che somiglia molto ad un aeroporto a livello di organizzazione, gate compresi, davvero ben fatto), 30 minuti sull’autobus n.112 e altri 6 minuti a piedi per raggiungere il Crowne Plaza prenotatoci dalla compagnia aerea. Da quanto eravamo stremati non abbiamo neanche cenato e la giornata si è conclusa con una grossa dormita.

Anche la giornata successiva, l’ultima a NY, è stata piena di sostamenti: ovviamente la Norwegian ci aveva prenotato un albergo vicino all’aeroporto….peccato che dopo alcune settimane ha cambiato anche l’aeroporto di partenza e siamo rimasti fregati a livello logisitico.

Sicuramente però quel Crowne Plaza non lo dimenticheremo facilmente. Parto da una breve premessa che potrà farvi capire il perchè della nostra reazione a ciò che è successo quella mattina: esattamente il giorno prima eravamo venuti a conoscenza dell’attacco scagliato da (quel cretino di) Trump al generale iraniano Suleimani, provocando la sua morte.

Mentre facevamo tranquillamente colazione con wurstel e uova strapazzate, è partito un allarme con tanto di assordante sirena e voce registrata che invitava chiunque ad evacuare l’albergo. Lì per lì siamo rimasti immobili ed in silenzio, soprattutto perchè sia gli altri ospiti che gli stessi dipendenti dell’hotel avevano espressioni decisamente stranite ed interrogative ma nessuno reagiva. La prima cosa che ho pensato, è che ci fosse stato un attentato all’aeroporto di Newark esattamente dietro al nostro albergo. E le camionette dei vigili del fuoco che sono arrivate a sirene spiegate non hanno certo alleggerito la mia ansia.

Fortunatamente dopo una ventina di minuti intrisi di un panico latente che a stento riuscivamo a controllare, abbiamo scoperto che si trattava di un’esercitazione. Vi lascio immaginare il sollievo.

Dopo il check out abbiamo raggiunto la fermata del bus 112 che ci ha riportato al terminal degli autobus di NY. Dato che sarebbe stato davvero premautro avviarsi all’aeroporto, abbiamo lasciato i bagagli più pesati in custodia presso un “I love NY” vicino a Pennsilvanya Station (tramite l’applicazione BAGBNB è semplicissimo e funziona come per le case in affitto, comodo e affidabile con tanto di recensioni degli utenti), dove abbiamo approfittato di un ultima cheesecake agli Sneakers di Magnolia Bakery.

Abbiamo quindi sfruttato un paio d’ore e mezza per l’ultimo giro al centro di Central Park.

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Abbiamo visto il castelletto di Belvedere e un grande lago al centro del parco.

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Dopo aver recuperato i bagagli, abbiamo preso la metro A per raggiungere l’aeroporto. Il volo è partito con una mezz’ora di ritardo, intorno alle 21.30.

Già durante il volo di ritorno ho pensato che quello che era appena terminato era stato un viaggio fantastico, pieno di emozioni e nozioni nuove, un viaggio che consiglio a chiunque di fare almeno una volta nella vita.

 

Il mio viaggio “fai da te” a New York

11° giorno a New York – Madison Square Garden, tour dei Rooftop

3 Gennaio 2020: 3° tentativo di visitare il Medison Sqaure Garden che fortunatamente è andato a buon fine. Abbiamo scelto di fare l’ultimo tour, quello delle 15:00, così da avere il tempo per un buon pranzo tranquillo. Abbiamo optato per un ristorante giapponese un po’ nascosto ma ben recensito su Tripadvisor: Izakaya Mew. Fatto salvo per il sushi che non ci ha fatto impazzire, il resto era davvero ottimo!

Il tour è stato rapido ma carino: abbiamo appreso di alcuni famosissimi eventi che hanno avuto luogo al Madison Square Garden (che negli anni è stato rifatto da capo ben 3 volte!), visto le suites per gli spettatori più importanti e gli spogliatoi dei Knicks. Il bello di questo enorme palazzetto è che nel giro di poche ore può trasformarsi da campo da basket a pista di ghiaccio ad arena per le lotte tra tori.

Al termine del tour abbiamo fatto un giretto veloce in un paio di negozi e siamo  tornati in albergo per poterci cambiare e ripartire per il tour dei rooftop (lo abbiamo prenotato attraverso il sito de Il Mio Viaggio a New York giusto un paio di giorni prima). Alle 19 in punto eravamo davanti al Paramount Hotel di Times Square, base di partenza per il tour. Nella mail informativa che indicava orario e luogo dell’incontro, era anche specificato di indossare un abbigliamento adeguato e scarpe non sportive; ad alcuni partecitanti infatti sono state fatte molte storie per via delle scarpe da trekking che indossavano, perchè c’era il forte rischio che i buttafuori all’ingresso non gli permettessero di accedere ai club. Alla fine è andato tutto bene, probabilmente perchè i club sono abituati a turisti distratti che sopravvengono alle regole del dress code, anche perchè sono certa che questi tour organizzati gli portino diversi introiti. Ad ogni modo, è sicuramente un dettaglio a cui fare attenzione.

Il primo rooftop che abbiamo raggiunto col pullman è stato il “230“, che avevamo già visitato in autonomia (un club davvero carino disposto su due piani, uno al chiuso e uno all’aperto con tanto di igloo trasparenti per proteggere le persone dal freddo).

Poi ci hanno portati al Monarch, molto più picciolo del precedente ma con l’Empire State Building praticamente sulla testa.

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L’ultimo rooftop è stato lo Sky Room, vicino a Times Square: due piani entrambi al coperto e una vista bellissima.

In tutti e tre i locali la guida si occupava di preparare un drink alcolico uguale per tutti (tranne per chi chiedeva un analcolico e poteva scegliere tra Coca Cola, succo di frutta e poco altro). Il tempo di permanenza in ciascun club è stato di circa 50 minuti, quindi il tempo per ordinare qualcosa da mangiare o di fare un’altra bevuta praticamente non c’era. Ad ogni modo ci ha dato la possibilità di conoscere alcuni club molto alla moda, frequentati dai giovani newyorkesi, e di non doverci sbattere per gli spostamenti tra uno e l’altro avendo a disposizione sempre il pullman che ci aspettava in strada.

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10° giorno a NY – World Trade Center, 9/11 Memorial, The Lion King musical, Times Square

Il 2 Gennaio è stata una giornata davvero ricca e intensa a livello emozionale. La mattina abbiamo fatto in modo da essere al World Trade Center per le 9:00. Ce la siamo cavata con circa 45 minuti di fila (che non è molto se si considera che al primo tentativo, arrivando alle 11, avremmo avuto la possibilità di entrare al museo soltanto dopo le 16). Abbiamo deciso di noleggiare 2 audioguide per 8$ cadauna e abbiamo inziato la visita del 9/11 Memorial.

Nella parte iniziale, mentre si scende sempre più sotto terra, si incontrano subito alcuni pilastri in acciaio e l’ultima colonna di cemento armato lasciata volutamente in piedi a seguito dei lavori post attentato.  E’ stato toccante vedere in che stato era ridotta la camionetta dei vigili del fuoco e vedere i resti della scala che è stata la via di salvezza per le poche persone che sono riuscite a sopravvivere.

Esattamente sotto le due vasche di Ground Zero, è possibile visitare due stanze piene di foto alle pareti: sono i volti più o meno sorridenti di ciascuna delle persone che ha perso la vita quell’11 Settembre. Se fino ad allora mi sentivo coinvolta ma tutto sommato tranquilla, ciò che ci sarebbe aspettato mi avrebbe del tutto spaccato il cuore.

C’è un’ampia zona del memoriale in cui non è possibile fare foto o riprese: qui è possibile rivivere il giorno degli attentati minuto per minuto, una torre per volta, guardando da vicino le foto del massacro e ascoltando le registrazioni audio più strazianti che abbia mai sentito. Non è un caso che il memoriale sia disseminato di dispenser pieni di tovagliolini di carta per permettere ai visitatori di asciugarsi le lacrime. E’ stato straziante rivedere a rotazione il video dell’aereo che entra nella torre come un coltello nel burro, come un proiettile in un uomo; è stato quasi insopportabile ascoltare le registrazioni dei messaggi lasciati ai propri cari da chi, sull’aereo dirottato dai terroristi, sapeva che sarebbe morto di lì a poco. “Ciao, volevo dirti che ti amo. Dì ai miei figli che li amo più di ogni altra cosa al mondo. Non preoccuparti, ci sentiamo appena arrivo”.

E infine è stato orribile vedere le immagini di persone che hanno preferito lanciarsi dal 102° piano della torre piuttosto che morire nell’incendio o schiacciati dal palazzo che si accartocciava su se stesso.

Davanti ad esperienze di questo tipo ti senti sopraffatto da mille emozioni: frustrazione, impotenza, tristezza, ma consiglio comunque a chiunque di visitare il memoriale una volta nella vita. E’ un luogo carico di memorie, che pur nel silenzio grida forte che New York, e con essa il mondo intero, non dimenticherà mai ciò che è accaduto in quel maledetto 9/11. Tanto eravamo coinvolti che abbiamo impiegato la bellezza di 6 ore a fare tutto il percorso, senza perdere una sola tappa dell’audioguida.

All’uscita era ormai buio, e ato che non avevamo né fatto colazione né pranzato, abbiamo deciso di cenare intorno alle 18.30 nel Whole Foods Market di Bryant Park per poi dirigerci finalmente al Mirnskof Theatre per il Musical del Re Leone (The Lion King).

Purtroppo non era concesso fare né foto né video, ma difficilmente potremo dimenticarlo. E’ stato uno spettacolo davvero maestoso ed emozionante, più di quanto potessi mai immaginare. I costumi di scena erano incredibili, tanto da riuscire, come una magia, a trasfromare un uomo in una iena, in una giraffa, in un ghepardo, con sembianze e movimenti perfetti. Ho adorato i personaggi di Mufasa, di Zazu, di Timon e Pumba, per non parlare delle iene, davvero incredibili.

Le battute del musical sono molto simili a quelle del cartone animato, quindi siamo riusciti a seguirlo bene pur non capendo proprio tutto. Davvero un favoloso regalo di compleanno che mi rimarrà nel cuore per sempre.

Alla fine del musical abbiamo acquistato qualche gadget da portare alle nostre famiglie e abbiamo approfittato del bel tempo per fare un giro nella vicina Times Square, luminosa e viva a qualsiasi ora del giorno e della notte.

Il mio viaggio “fai da te” a New York

9° giorno a New York – Brooklyn Bridge e Dyker Heights

Il primo dell’anno, nonostante la sveglia puntata alle 9, non siamo riusciti a lasciare l’albergo prima di mezzogiorno. Ad accoglierci per strada, il primo vento gelido a New York dal giorno nostro arrivo.

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Ci siamo diretti al ponte di Brooklyn ma, visto l’orario e la necessità di un bagno, ci siamo fermati in una specie di Whole Foods Market (catena molto famosa) per un pranzo veloce a buffet. In generale mangiare a NY costa tanto se si pensa ai ristoranti, ma moltissimi supermercati hanno al loro interno delle grandi penisole col cibo a buffet che è possibile pagare a peso: questa è la migliore alternativa per magiare ciò che si vuole a cifre oneste, che si aggirano intorno ai 10$ a persona.

I turisti che attraversano il ponte sono tantissimi, tanto da dover camminare in fila indiana soprattutto nei tratti più panoramici. Ma vale la pena passeggiare su questo ponte bellissimo per vedere lo skyline di Manhattan mentre ci si allontana dalla città per raggiungere Brooklyn.

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Dall’altra parte del ponte troviamo DUMBO, che non è l’elefantino del film disney ma il quartiere di Brooklyn da cui si può godere di una vista meravigliosa di New York.

Da DUMBO ci siamo poi diretti verso Dyker Heights, un quartiere a sud di Brooklyn famoso nel periodo natalizio: pare che qui gli abitanti del quartiere facciano a gara a chi realizza l’addobbo natalizio più strordinario. E l’impressione che ho avuto è che a qualcuno sia davvero scappata un po’ la mano: ogni giardino è pino di luci, presepi, gonfiabili, addobbi di tutti i tipi, tanto da fare invidia al villaggio di Babbo Natale! Molti realizzano queste composizioni per omaggiare un caro defunto, ma verso le 21 il quartiere si spegne per evitare bollette milionarie.

 

Il mio viaggio “fai da te” a New York

6° giorno a New York – Gospel ad Harlem, Black Iron Burger, Madame Tussauds

Per la giornata del 29 Dicembre avevamo fatto dei piani che sono andati totalmente a rotoli, ma non per questo ci siamo lasciati abbattere!

Avremmo voluto essere nel quartiere di Harlem intorno alle 10.30 per poter assistere ad un coro gospel. Purtroppo a causa di un guasto elettrico diverse linee della metro sono state sospese, il problema è stato scoprirlo soltanto all’arrivo alla stazione successiva.  Il risultato è stato che quando siamo arrivati ad Harlem con mezz’ora di ritardo, la First Baptist Church era già al completo e non ci hanno permesso di entrare neanche per una rapida occhiata. Senza perdere la speranza, abbiamo continuato a girovagare nel quartiere di Harlem (con l’aiuto del nostro fidato Google Maps) per trovare un’altra parrocchia che ci accettasse, ma purtroppo non siamo riusciti a trovarne.

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Per questo lungo la strada del ritorno abbiamo deciso di consolarci con 2 donuts (dalla mia espressione dovreste intuire se fossero buoni o meno 😉 e siamo tornati alla First Baptist Church che distava pochi passi dalla metro.

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Notando che alcune persone uscivano, abbiamo riprovato ad entrare a messa già iniziata e fortunatamente questa volta è andata bene. Siamo arrivati nel bel mezzo di un canto gospel, che non ha molto a che vedere con i cori gospel a cui ci hanno abituato coi film: il tutto appare più come uno spettacolo interattivo, con schermi giganti, tre soli cantanti, la gente sugli spalti coinvolta con “Amen”, incitamenti ed applausi, e il pastore come unica vera stella protagonista dello show. Ad un certo punto i fedeli sono stati invitati a tenersi per mano e, durante quello che i cattolici definiscono “scambio della pace”, una signora di colore seduta accanto a me mi ha pure abbracciato. L’ho trovata una cosa molto tenera e che fra estranei non ci sogneremmo mai di fare, ma che in quel contesto calzava a pennello dal momento che tutti in quel teatro erano profondamente partecipi e coinvolti.

Dopo circa mezz’ora di sermone, capendo che il pastore ne avrebbe avuto ancora per molto, abbiamo deciso di abbandonare la messa e partire alla volta del Madison Square Garden. Purtroppo all’arrivo abbiamo scoperto che tutti i posti per il tour erano prenotati e siamo stati costretti a rimandare la visita.

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Giusto per prenderci una pausa, ci siamo fermati a mangiare un hamburger al Black Iron Burger verso le 14.30. I tavoli erano tutti occupati, e per non dover aspettare 40 minuti (rigorosamente in piedi) abbiamo optato per mangiare seduti al bancone del bar, esperienza comunque simpatica e che ci ha fatto sentire come se fossimo newyorkesi doc.

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La carne dei panini era davvero squisita, e a rovinarci è stato il contorno: un piatto di patatine fritte con salsa di cipolla, cipollotti e bacon che dopo ore ancora non eravamo riusciti a digerire!

Appena fuori dal pub, ci siamo accorti che cominciava a piovere (una pioggia sottilissima molto simile a quella inglese), quindi abbiamo optato per una vicina attrazione al coperto inclusa nel New York Pass: il Madame Tussauds. Carino, al solito, con giusto 2 o 3 cose degne di nota, ma per il resto niente di trascendentale; d’altrone quando ne hai visto uno li hai praticamente visti tutti. Terminato il giro facendo quasi a spallate con le migliaia di altri visitatori, siamo rientrati distrutti alla base.

Dopo soli 6 giorni a NY, mi sono resa conto che noi italiani non siamo fatti per vivere in una città come quella: file per andare al bagno, per prendere un caffè da Sturbuck’s, per comprare un biglietto, per accedere ad un’attrazione, per mangiare. Non so se sia così per tutti, ma decisamente non farebbe per me.

 

Il mio viaggio “fai da te” a New York

4° giorno a NY – Grand Central Terminal, Top of The Rock, China Town, Little Italy

La mattina del 27 ce la siamo presa con estrema calma e dopo la solita colazione a base di cheesecake abbiamo lasciato la camera intorno alle 12.00.

Per mera curiosità, abbiamo visitato l’Apple Store a due passi dall’albergo, completamente sviluppato sotto terra: all’esterno presenta soltanto un grosso cubo di vetro trasparente con un’ascensore e una scala a chiocciola che gli gira intorno, davvero particolare!

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Subito fuori dall’Apple Store non abbiamo potuto fare a meno di assaggiare il famoso hot dog di Nathan’s: buonissimo!

La seconda tappa è stata la Grand Central Terminal, la stazione centrale. Ha un ingresso enorme e maestoso, che mi ha riportato alla memoria gli ambienti di Hogwarts, la scuola di magia di Harry Potter. Trattandosi di una stazione effettivamente funzionante, una ventina di minuti è sufficiente per entrare, farsi un’idea e passare alla prossima attrazione.

Verso le 15 avevamo prenotato l’ingresso al Top of The Rock, quindi senza quasi fare fila abbiam preso l’ascensore diretti al 67° piano (da cui a piedi abbiamo avuto accesso anche al 69° e 70° piano, il tetto dell’edificio). COme dall’Empire State Building, anche qui la vista era mozzafiato, diventando ancora più meravigliosa al tramonto (che nel mese di Dicembre avviene intorno alle 16.30).

Dopo aver scattato un centinaio di foto al panorama, ci siamo diretti verso China Town (sostanziamente Canal Street e, soprattutto, Mott Street). La parellela di quest’ultima è Mulberry Street, che rappresenta Little Italy: ci sono decine di ristoranti con i nomi più scontati e riconoscibili possibile: “La nonna”, “Zia Maria”, “Bar Napoli”, “Bar Roma”, “La Dolce Vita”. Di italiani veri, però, neanche l’ombra.

Intorno alle 19 abbiamo approfittato della vicinanza a Soho per provare il ristorante “Piccola Cucina“, 2° classificato  nel programma di Panella “Little Big Italy”. Effettivamente i camerieri erano tutti italiani, il posto è piccolissimo, e i sapori non sono troppo distanti da quelli a cui siamo abituati nella nostra penisola, anche se inevitabilmente alcuni ingredienti e preparazioni strizzano l’occhio al gusto degli americani. Dopo una squisit arancina (o arancino che dir si voglia) e un tegame di pasta a testa, siamo tornati rotolando in albergo.

 

Il mio viaggio “fai da te” a New York

New York fai da te – la pianificazione

Eccomi finalmente con una mezz’ora scarsa a disposizione per raccontarvi dello splendido viaggio a New York che ho intrapreso nel periodo natalizio con la mia dolce metà.

Avevamo pianificato questo viaggio da molto, troppo tempo. Considerate che a febbraio 2019 avevamo già prenotato sia i voli che l’albergo per Dicembre! Visto che, come si intuisce dal titolo del post, si é trattato di un viaggio totalmente “fai da te” (sia perché volevamo essere del tutto autonomi e indipendenti, sia per una questione di budget), condividerò con piacere i nostri sforzi nella speranza che possano tornare utili a chi, come noi, vorrebbe partire ma non sa da dove cominciare. Per ovvie ragioni di tempo e per non risultare troppo tediosa, dividerò il resoconto in varie parti così che possiate leggere solo quelle che vi interessano.

LA PIANIFICAZIONE

La primissima cosa che abbiamo fatto è stata individuare i giorni a disposizione, cosa che per noi è stata davvero semplice dal momento che lavoriamo nello stesso ufficio e che ogni anno abbiamo sempre le stesse due settimane di ferie nel periodo natalizio.

Inizialmente temevamo che la spesa sarebbe stata quasi insostenibile, motivo per cui per tutto il 2019 abbiamo cercato di risparmiare il più possibile per non arrivare impiccati a Natale tra spese di viaggio, regali e varie. Siamo partiti il 23 Dicembre e siamo rientrati il 7 Gennaio 2020: 2 settimane intense e bellissime!

Più che il volo, ciò che incide considerevolmente sulla spesa finale è sicuramente il numero di pernottamenti se si parla di una città come New York. Va da se’ che anche il periodo dell’anno (a patto che possiate sceglierlo) va valutato attentamente se la disponibilità che si ha è molto limitata. Noi ad esempio siamo stati molto svantaggiati da questo punto di vista dato che NY sotto Natale è carissima (ma col senno di poi devo dire che ne è valsa la pena perché è davvero magica!).

Partendo dalla Toscana, la soluzione più economica per i trasporti è stata raggiungere l’aeroporto di Roma Fiumicino col treno per poi prendere un volo diretto (con Norwegian) fino a New York JFK.

Costo totale dei voli (andata e ritorno per 2 persone) 1.260 euro, inclusi pasti a bordo, una valigia da stiva ciascuno e un bagaglio a mano a testa.

Relativamente ai voli, devo fare una doverosa premessa: se prenotate con molto anticipo e siete persone composte come me al 75% da ansia, arrivare indenni al giorno della partenza non sarà semplice, soprattutto sapendo che la compagnia aerea potrà variare orari e persino giorni di arrivo e partenza in qualsiasi momento! E non pensate che sia un caso straordinario: a noi è successo…e per ben due volte!

La prima volta, un mesetto dopo aver effettuato la prenotazione, Norwegian ci ha avvisati con una mail che i nostri voli avevano subito una modifica, e ci ha invitati a “cliccare qui per confermare”. In sintesi il volo di ritorno che avevamo prenotato era stato cancellato, e l’alternativa consisteva nel ripartire da New York con un giorno di anticipo. Prima però di buttare via i soldi già pagati per l’ultima notte in albergo, abbiamo contattato Norwegian telefonicamente (parlando esclusivamente in inglese) e abbiamo scoperto che esisteva la possibilità di ripartire un giorno dopo anziché quello prima (ovviamente se non li avessimo chiamati non lo avremmo mai saputo!). Anche perché a quel punto, per scusarsi del “danno” causato, Norwegian ha dovuto prenotare a proprie spese una stanza d’albergo per l’ultima notte (quella in più) nei pressi dell’aeroporto….peccato che un mese e mezzo prima della partenza siano cambiati gli aeroporti di arrivo e partenza! Comunque tutto sommato abbiamo guadagnato un giorno intero in più a New York e spostarsi da una parte all’altra per raggiungere l’aeroporto giusto non è stato poi così terribile come lo sarebbe stato con i mezzi pubblici in Italia.

Qualsiasi cosa succeda, per non rischiare di buttare via soldi inutilmente, è fondamentale fin da subito assicurare il viaggio: 10 mesi sono tanti e non ci è dato sapere cosa potrebbe accadere fino al giorno della partenza! Il costo si aggira intorno ai 230 euro a testa: potrebbero sembrare tanti, ma consentono di recuperare intorno all’80% della cifra spesa nel caso in cui per qualche imprevisto non riusciate a partire!

Ad essere del tutto sinceri, prima di decidere di organizzare il viaggio in autonomia ci eravamo fatti un’idea sui voli e sugli alberghi presso alcune Agenzie di Viaggio. E in realtà stavamo anche per prenotare, pensando che avere un punto di riferimento in Italia non sarebbe stata una cattiva idea, ma niente di quello che ci avevano offerto soddisfaceva a pieno le nostre esigenze. Le sistemazioni proposte erano abbastanza centrali ma molto piccole e “antiquate”, un trionfo di moquette e di vasche da bagno con la tendina in plastica, di quelle che ti si attaccano addosso mentre fai la doccia (che odio!). Abbiamo passato serate intere a girare tutti i siti di prenotazione possibile, e dopo un mese di ricerche (con l’ansia a palla dal momento che vedevamo i prezzi lievitare ogni giorno di più), abbiamo prenotato all’Aka Central Park tramite Booking.com.

Attenzione quando prenotate gli alberghi, innanzitutto perché a New York è pieno di catene e con lo stesso nome potreste trovare più alberghi (o anche più ristoranti), ma situati in zone opposte di Manhattan! Altra cosa fondamentale: che voi siate al centro di Manhattan o in uno dei quartieri limitrofi (Brooklyn, Queens, ecc…), è fondamentale che ci sia una metro vicina all’hotel per potersi spostare: potreste impiegare anche venti minuti ad attraversare un solo isolato a piedi!

Sinceramente siamo stati felicissimi della scelta per moltissime ragioni: prenotare in anticipo spendendo soltanto poco più di 200 euro a notte per dormire a New York tra Natale e Capodanno è stata davvero una mossa vincente, la posizione era davvero strategica (non eravamo nel casino di Times Square, ma con un paio di fermate della metro potevamo raggiungerla), l’ampiezza della camera (che loro definiscono “studio” dal momento che aveva anche un cucinino) era strabiliante rispetto agli standard di Ny, la pulizia non era male, e i servizi erano ottimi (nelle giornate di pioggia trovavi dei bellissimi ombrelli gentilmente offerti dall’albergo all’uscita, c’erano la palestra e la sala cinema, oltre che una lavanderia con lavatrice e asciugatrice completamente gratuite. Ovviamente per avere questo prezzo, oltre all’anticipo abbiamo dovuto accettare il compromesso di prenotare ad una tariffa non rimborsabile e senza colazione: il “non rimborsabile” può farvi risparmiare anche 1000 $ su un soggiorno di due settimane, e non fare la colazione in albergo ve ne farà risparmiare almeno 30$ al giorno (che poi, onestamente, non sarebbe servita a niente visto il tipo di alimentazione che abbiamo seguito in quelle settimane!).

Altra spesa da affrontare poco prima della partenza, è quella che riguarda l’assicurazione medica: come saprete in America l’assistenza sanitaria ha dei costi strabilianti, e in caso di bisogno potrebbero lasciarvi morire se non aveste con voi la vostra copertura medica. Il costo si aggira intorno ai 120 euro a testa.

FONDAMENTALE: se non ne avete già una, dovete assolutamente munirvi di carta di credito. Serve sempre e comunque!

Una volta prenotate le cose basilari, è il momento di pianificare le vostre giornate a Ny: non pensate di uscire dall’albergo e andare “a braccio” perché questa scelta potrebbe farvi perdere intere giornate! A seconda dei giorni che si hanno a disposizione, vi consiglio di comprare un Pass che vi permetta di accedere alle attrazioni di NY a prezzi scontati rispetto a quelli che paghereste sul posto. Il mondo dei Pass è pressoché infinito, ma quelli più quotati sono il City Pass ed il New York Pass. Vi elenco qui sotto le principali differenze.

CITY PASS: al costo di 132 $, avete l’accesso gratuito a 6 attrazioni già stabilite.

NEW YORK PASS: al costo di 329 $, avete l’accesso a centinaia di attrazioni, e ha una durata di 10 giorni.

Ovviamente la scelta va fatta in base ai giorni a disposizione: noi abbiamo scelto il New York Pass e lo abbiamo sfruttato il più possibile, riuscendo a visitare almeno le attrazioni principali che ci eravamo prefissati di visitare.

Anche l’abbigliamento fa parte della preparazione: se ci andate d’inverno, fate conto di dovervi preparare per la montagna! Temperature bassissime, vento, pioggia a e neve sono ciò che NY potrebbe regalarvi. Col meteo noi stiamo stati decisamente fortunati: abbiamo scampato la bufera di neve della settimana precedente a quella della nostra partenza, e abbiamo beccato solo 2 o 3 giorni di pioggia. E’ fondamentale avere una giacca calda, antivento ed impermeabile. Per le scarpe scegliete qualcosa di caldo ed estremamente comodo, perché i vostri piedi non verranno risparmiati: noi che siamo soliti spostarci da una sedia all’altra e dalle sedie al divano, a NY abbiamo fatto una media di 10 Km al giorno! Non dimenticate sciarpa, cappello e guanti. E sotto vestitevi a “cipolla”: se fuori la temperatura è sotto zero, all’interno di musei e grattacieli potreste trovare anche 28°!

Almeno una settimana prima di partire, dovete richiedere il Visto per entrare a NY: vi basterà andare sul sito ufficiale dell’ESTA e compilare tutti i campi  con dati anagrafici, passaporto e indirizzo del primo albergo in cui soggiornerete). Avete tempo fino a 24h prima della partenza per poterlo richiedere, ma non azzarderei tanto, anche perché dovrete ricevere per mail la conferma alla vostra richiesta.

Tra le cose da acquistare prima della partenza ci sono sicuramente i lucchetti TSA (che, in caso di controllo, la sicurezza aeroportuale può aprire con una sorta di chiave universale), e almeno un adattatore universale per la corrente elettrica. Piccolo appunto specialmente per le donne che sono (giustamente) solite mettere in vaglia intere case per ogni minimo spostamento: controllate che il vostro phon, la vostra piastra o il vostro Silk Epil vadano d’accordo con la correte a 115-120V, altrimenti acquistateli per l’occasione.

Per il telefono, vi consiglio di acquistare direttamente a NY una sim che vi permetta di avere Giga illimitati (assolutamente indispensabili se volete utilizzare Google Maps per gli spostamenti e per orientarvi) da At&T o da T-Mobile. Noi abbiamo speso circa 50$, e abbiamo utilizzato le nostre sim personali soltanto in albergo o comunque nei posti in cui fosse presente il wi-fi (che è praticamente ovunque).

Ultima accortezza: prenotate dall’Italia una navetta che, all’arrivo in aeroporto, vi accompagni all’albergo. Abbiamo sentito di molti turisti che sono stati truffati perché, stanchi dal viaggio, si sono affidati al primo autista disponibile e hanno speso centinaia di dollari per uno spostamento che, se prenotato un anticipo, può costare al massimo 40$ a testa.

Ok, mi sembra di non aver dimenticato niente. Nel caso aveste qualche domanda o curiosità, chiedete pure! Non appena troverò il tempo per farlo, pubblicherò qualche post col racconto vero e proprio del nostro viaggio a New York così che possiate trovare degli spunti interessanti sui luoghi che vale la pena visitare.

A presto!

 

Il mio viaggio “fai da te” a New York

 

E’ solo una foto

20151006_113009 copia Ricordo questo momento perfettamente.

Era il 2015 e mi trovato in Polinesia, a Bora Bora, e più precisamente su una delle spiagge considerate tra le più belle al mondo, Matira.

Ovviamente non ero sola, ma era come se lo fossi. E questa foto, ritrovata per caso in una cartella del pc che non aprivo da anni, mi ha riportato alla mente quel periodo in cui mi convincevo di star bene e allo stesso tempo cercavo di convincere anche le persone intorno a me. Se gli altri avessero visto quanto ero felice, non sarebbe potuto essere vero il contrario. D’altronde avevo tutto ciò che avevo sempre desiderato, cosa mai poteva mancarmi?

E’ impressionante quanto una foto, un oggetto o un piccolo frammento possano travolgerti nel momento esatto in cui ti ci imbatti. Non hai il tempo di pensare o di decidere: è un attimo e sei già nel luogo dove magari vorresti tornare, oppure dove non vorresti essere stato mai.

Ricordo che i selfie iniziavano ad andare di moda, ma che allo stesso tempo mi creavano imbarazzo: quanto ego sconsiderato in una persona che non fa che scattare foto di se stessa? Quindi non volevo che sembrasse un selfie; piuttosto avrei voluto che la gente pensasse che avevo un compagno di viaggio che non poteva fare a meno di immortalarmi in foto bellissime con paesaggi mozzafiato come sottofondo. La realtà però  era ben diversa: ero io la fotografa ufficiale, e l’obiettivo non faceva altro che passare da lui al paesaggio, dal paesaggio a lui. Chissà se se ne rendeva conto? Ormai non ha più importanza, o forse per me ne ha, perché finalmente sto provando cosa significa stare anche dall’altra parte della barricata: per quanto mi imbarazzi stare in posa o rivedermi fissata sulla pellicola, sento tutta l’importanza delle parole “ferma lì, voglio farti una foto”. E non è per la foto in sé, ne per quello che poi ne faremo. E’ per l’importanza di quel momento, di quell’attimo in cui ci stiamo dicendo:”è un paesaggio bellissimo, ma se ci sei tu lo è ancora di più”, oppure “voglio fare un video proprio adesso, mentre stiamo ridendo insieme, perché è un momento che voglio rivedere e custodire per sempre”.

Che poi quella foto o quel video non li veda nessun altro all’infuori di noi, poco importa.

Se a qualcuno non interessa immortalare con noi i momenti più belli, è il caso di domandarsi il perché?

Non lo so, probabilmente è soltanto una sciocchezza priva di fondamento, ma sotto sotto credo che qualcosa di vero ci sia.