Diffida da chi non cambia mai

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C’è una frase di Carl Jung che mi ha sempre affascinata, e di cui credo di aver colto il reale significato soltanto di recente. La citazione recita quanto segue:

“L’incontro tra due personalità è come il contatto di due sostanze chimiche: se c’è una reazione, entrambe vengono trasformate”.

Col senno di poi siamo tutti bravi a capire come stiano realmente le cose; il difficile è rendersene conto mentre ci siamo dentro con tutte le scapre. Io non sono mai stata brava a farlo, e mi sono sempre illusa di essere nel posto e nel momento in cui avrei dovuto e voluto essere. Solo adesso guardando indietro vorrei che qualcuno mi avesse fatto riflettere, vorrei che qualcuno mi avesse detto:” Adesso fermati, lascia da parte sogni e sentimenti e descrivimi la tua vita attuale con oggettività ”. Probabilmente mi sarei accorta di essere fuori dal tempo e dallo spazio che mi si addicevano davvero. Solo adesso infatti mi rendo conto che nel percorso fatto fino ad ora, l’unica a cambiare e a trasformarsi sono stata io: non mi accorgevo che le persone che avevo accanto restavano immutate, ferme nelle loro posizioni come guardiani impassibili a difesa del loro castello. Io ero certa che una reazione ci fosse, perché la sentivo esplodere dentro al petto; non mi rendevo conto però che la reazione che vedevo negli altri era solo un inganno, il riflesso dei miei cambiamenti nelle loro armature lucenti.

Sempre col senno di poi, mi ripeto senza sosta:” Come hai potuto essere così stupida e così cieca? “. Ma sto anche imparando ad essere più clemente con me stessa, e vorrei riuscire a perdonarmi. Anche perché continuare a farsene una colpa è inutile se non addirittura nocivo: devo semplicemente imparare a far tesoro di questo errore anziché continuare a compiangermi per averlo commesso.

In definitiva: meglio diffidare di chi non cambia mai e resta sempre identico a se stesso.

 

 

Chi lo vuole il Principe Azzurro!

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Capita anche a voi di alzare istintivamente gli occhi al cielo quando sentite una donna vantarsi del fatto di vivere esclusivamente in funzione del proprio compagno o dei propri figli?

Che poi tutto sommato non sembrano far male a nessuno: si prendono cura di altre persone, si sentono realizzate all’interno di determinati rapporti, e ne sono felici.

Dall’alto della mia decennale esperienza, mi viene da azzardare che in realtà di male ne fanno moltissimo a loro stesse.

Non sarebbe giusto fargliene una colpa (anche se personalmente me ne faccio tutt’ora), ma sicuramente forniscono uno spunto di riflessione su un problema (perché di problema si parla) che serpeggia indisturbato tra le nostre menti come fosse qualcosa di totalmente scontato e naturale. Il fatto è che fra le etichette, gli incasellamenti e le trappole culturali che da sempre immobilizzano sogni ed aspirazioni del genere femminile, la più pericolosa è probabilmente proprio quella del “Principe Azzurro”, ovvero l’idea, ormai cementata nella società moderna, per cui ogni donna, per essere felice, debba necessariamente trovare l’uomo giusto.

Non che questo sia un male in sé, tutt’altro. Io stessa devo ammettere che la vita in due può essere davvero meravigliosa. Ciò che di sbagliato c’è, è l’assunto secondo il quale senza un uomo al suo fianco (oppure senza un figlio da accudire o senza una carriera invidiabile), una donna non possa dirsi mai completa e quindi felice. È un po’ come se la società insinuasse costantemente che una donna non possa mai ed in nessun caso bastare a sé stessa.

Da che mondo è mondo, ci hanno sempre fatto credere che l’uomo (in quanto essere umano di genere maschile) ‘non deve chiedere mai’, se a 50 anni è ancora single mantiene comunque un certo fascino che gli spiana una strada costellata di nuovi incontri e occasioni. Per la donna no, tutto questo non vale. Se una donna è ancora single e non realizzata entro i 40 anni, viene additata come la “poverina che nessuno si piglia”, quella che “finirà a fare la gattara”, quella che “sta perdendo gli ultimi anni preziosi per poter mettere al mondo un figlio”, quella che “rimarrà zitella”.

Nel corso dei secoli ci hanno convinte che una donna non abbia valore (o comunque ne abbia molto poco) se non si trova all’interno di una relazione. E allora noi aspiranti principesse cresciamo con il preciso intento di trovare l’uomo perfetto per noi, quello in grado di renderci felici. E i cartoni animati, costellati appunto di principesse in trepidante attesa del loro “Azzurro”, non fanno altro che rimarcare il concetto per renderlo ben chiaro ed indelebile fin dalla tenera età. Per Cenerentola, Biancaneve o anche la più moderna Rapunzel, l’equazione è sempre la stessa:

Principessa infelice + Principe Azzurro = Un ‘Per Sempre’ felici e contenti.

Credo che più in generale l’errore stia nel mettere la nostra felicità nelle mani di qualcun altro al di fuori di noi. Che poi questo qualcuno sia un fantomatico Principe Azzurro piuttosto che un’amica o un figlio, poco ci interessa. La convinzione che nel mondo esista qualcuno in grado di renderci felici, ci porta ad instaurare rapporti instabili e poco equilibrati, perché deve essere chiaro: nessuno può renderci felici se non lo facciamo noi. In una moderna relazione tra adulti, accade spesso che la donna torni ad essere la bambina capricciosa di un tempo (perché tutte, chi più chi meno, abbiamo fatto qualche capriccio quando eravamo piccine), e intrappoli di conseguenza il proprio compagno in un ruolo che non si è scelto e che non gli spetta: perché solo noi sappiamo cosa può renderci felici, e non possiamo pretendere che qualcun altro ci legga nel pensiero o che addirittura faccia tutto quello che ci aspettiamo. Ci aggrappiamo all’altro e lo riempiamo di richieste e di problemi. “Se non sono felice, la colpa è tua”. Certo, il nostro partner o i nostri figli possono largamente contribuire alla nostra felicità, ma non possono e non devono essere la nostra unica fonte di gioia.

Credo quindi che sia fondamentale acquisire una certa autonomia all’interno dei rapporti, e lo si può fare se prima impariamo a costruirci una personalità che sia forte abbastanza e a lavorare sulla nostra autostima.

È importante viversi tutto ciò che ci circonda, e non relegarsi all’interno di un singolo rapporto. In un mondo fatto di milioni di sfaccettature, entrano in gioco i rapporti familiari e di amicizia, lo sport, le passioni, i bisogni, i desideri. Ciò che è esterno alla relazione, non dovrebbe essere considerato come un qualcosa di minaccioso per la relazione stessa, e invece mi rendo conto che spesso è così che viene inteso.

Probabilmente poter incolpare qualcuno (che non siamo noi) della nostra infelicità, ci rende più sicure e meno spaventate; ma si tratta solo di una vittoria apparente, perché finché non ci assumeremo la responsabilità dei nostri sentimenti, dei nostri desideri e delle nostre capacità, non potremo mai essere davvero felici.

O almeno io credo che sia così.

Non accontentarti mai, non svenderti mai.

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Avrei tanto voluto che i miei genitori  mi insegnassero fin da piccola a non accontentarmi delle vie di mezzo, a non accontentarmi del “meno peggio”, a non svendere me stessa in cambio di un po’ di compagnia e un briciolo di comprensione.

Ma purtroppo non è andata così, e ho dovuto imparare a mie spese cosa sia il rispetto per se stessi, a discapito delle regole sociali e di tante morali del cazzo.

Alla veneranda età di 30 anni, mi sono improvvisamente resa conto che non avrò altre vite a disposizione per provare altre strade; e quindi, se voglio qualcosa per me, devo cercare di conquistarla adesso. E se alla gente intorno non sembra giusto….che si fotta. Tutta quanta.

Normalmente sono molto pacata e gentile col mondo intorno (anche se da qualche espressione colorita poco sopra si potrebbe evincere il contrario), e non vorrei dover essere costretta a cambiare questo mio aspetto “educato” che apprezzo molto quando lo trovo anche negli altri. Ma non esisterà più che, per essere educata, io vìoli me stessa e mi faccia pestare i piedi senza aprir bocca.

Tante, tante e tante volte ho abbassato la testa e ho lasciato che mi facessero del male pur di non scontentare gli altri. Questi “altri” che però non meritavano affatto tutto il mio dolore. “Altri” che neanche si rendevano conto di quel dolore. Altri che, pur vedendolo, non apprezzavano il mio sacrificio.

Forse, parlando così in termini generali, è un po’ complicato rendere il concetto, mentre vorrei che fosse ben chiaro. E non tanto perchè altri lo capiscano, ma perchè io stessa, rileggendo queste righe tra qualche tempo, possa ricordare vividamente cosa sto provando adesso: il coraggio di essere me stessa, la consapevolezza di ciò che voglio e di quello che non voglio, il rispetto per la me piena di difetti che deve pretendere questo stesso rispetto anche dagli altri.

Ho smesso di rincorrere, sperare e desiderare la presenza di persone che mi hanno ferita in passato e che non meritano il mio impegno. Non perchè io sia speciale, diversa o chissà cos’altro, ma semplicemente perché ho il dovere di proteggermi dalla gente intorno che non è sempre disposta a fare attenzione a non calpestare i sentimenti altrui. Ho smesso, lo confermo, ma resistere alla tentazione di cascarci di nuovo è difficile. E’ difficile per tutto il cuore che ci ho messo al tempo in cui certe relazioni sembravano poter funzionare davvero. E sono consapevole che i grandi e piccoli pezzetti di cuore che ho regalato, non mi saranno restituiti.

Spero che il cuore rimasto sia abbastanza per far felici le persone che verranno.