Fin dove arriva la mia libertà?

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Vorrei tanto capire dove sta tutta questa “evoluzione” del genere umano di cui tanto sento parlare. Non vorrei cadere nei luoghi comuni degli umarels che parlano di quanto si stesse meglio prima, mentre criticano senza sosta il lavoro degli operai all’interno dei cantieri o lo stile di vita dei giovani d’oggi; ma allo stesso tempo vorrei davvero cercare di comprendere, per evitare di lanciare fiamme dagli occhi e fumo dal naso ogni qual volta mi trovo nella stessa situazione di sempre: mi accade spesso che, camminando per strada, qualche esemplare del genere maschile mi noti e proprio non riesca a fare a meno di buttare lì una parola o due come fosse mangime per le galline, noncurante di dove andrà a cascare, ne’ di cosa io ne possa pensare.  E’ come se quel soggetto si sentisse nel pieno diritto di sputare ciò che gli passa per la testa senza l’accortezza di porre il benché minimo filtro tra il cervello (ammesso che ce ne sia uno) e la lingua.

Sono doverose un paio di premesse:

  1. Non sono una figa da paura, una di quelle alte, slanciate, con gli occhi azzurri e un sedere da urlo.
  2. Specialmente quando so di dover andare in giro da sola (per fare delle commissioni o anche soltanto una semplice passeggiata), sto molto attenta a non indossare capi d’abbigliamento che possano risultare troppo appariscenti, o che scoprano troppo le gambe o il seno.
  3. Quando cammino in mezzo alla gente, tendo a tenere lo sguardo basso per evitare di incrociare troppi sguardi e non rischiare di attirare l’attenzione.

Tutti questi accorgimenti, però, sembrano non servire a molto.

Puntualmente, infatti, trovo l’imbecille di turno che mi lancia contro apprezzamenti (spesso anche di pessimo gusto) assolutamente non richiesti, quasi si sentisse in dovere di farlo.

La cosa che più mi manda in bestia, è che non lo fa guardandoti negli occhi, dopo averti stretto la mano e aver provato a fare la tua conoscenza. No. Lui vigliaccamente butta lì una frase  a bassa voce mentre ti passa di fianco, guardando dritto davanti a se’ o, peggio ancora, voltandosi per rimirarti a pieno, con la stessa bramosia di una persona che prenda una boccata d’aria quando poco prima le era mancato il respiro. Nel caso tu gli rispondessi, potrebbe dirti che non è con te che parlava, mentre sapreste bene entrambe quale sia la verità.

In quel momento non soltanto mi sento trattata alla stregua di un oggetto inanimato e senza sentimenti, ma in più mi sale una rabbia feroce che ogni volta mi porterebbe ad inveire contro questi garbatissimi cavalieri per fargli sapere che i loro apprezzamenti del cavolo se li possono infilare su per il posto in cui non batte il sole, perché io non li voglio.

Ma non è pensabile che io, ogni volta, tenti di spiegare a costoro che quello che fanno non è gentile ne’ educato; non voglio necessariamente farne la missione della mia vita.

Qualcuno in passato, in risposta all’esternazione di quello che io avverto come un problema reale, si è permesso di rispondermi: “che esagerata! Per un complimento poi! E che sarà mai?”

Caro mio, abbiamo per caso lo stesso nome, la stessa faccia e lo stesso vissuto? No. Questo significa che abbiamo anche una diversa sensibilità, e che ciò che per te non è degno di nota, per me può rappresentare una grossa seccatura.

Non voglio dovermi rassegnare ad una situazione che è per me fonte di ansia e che non mi permette di sentirmi libera davvero. Non voglio permettere a certe persone, specialmente se del tutto sconosciute, di urtare la mia sensibilità e lasciare che poi la passino liscia.

Mi è stato detto che “devo lasciarli perdere, farmi scivolare tutto addosso, che è un problema mio e che devo imparare a conviverci”, ma io non ci riesco, perché certe parole, specialmente per il modo in cui vengono dette, mi bruciano addosso come sale su una ferita ancora aperta. Il fatto che certa gente senta di avere tutto il diritto di vomitarmi addosso parole più o meno sconce, mi spaventa, e la paura mi fa sentire in trappola. E il risultato è che non mi piace più andare in giro da sola, perdo la voglia di indossare vestiti che esaltino le mie forme, cammino guardando l’asfalto perdendo così tutto il bello che potrei scorgere intorno a me (ammesso che ce ne sia).

Non so come uscirne, ma voglio farlo. Non è giusto che degli estranei portati al guinzaglio dai loro istinti primordiali decidano dove debba cominciare e finire la mia libertà di essere ciò che sono.

Non so se a qualcuno di voi sia mai capitato di provare sentimenti simili nei confronti di una situazione o di un atteggiamento. Come lo avete affrontato?

 

9 pensieri su “Fin dove arriva la mia libertà?

  1. namida ha detto:

    No, no qui non si tratta di sensibilità diverse, si tratta di far funzionare il cervello e capire che indipendentemente da tutto, queste situazioni NON DEVONO ESISTERE. Questi non sono complimenti, questi non sono apprezzamenti. Sono molestie verbali. A quelle persone che minimizzano (e a volte si permettono pure di esclamare “Ti lamenti invece di essere contenta perché ti notano!”) vorrei far presente che queste situazioni si verificano sempre e solo quando la donna è DA SOLA. Avete mai visto un catcaller che approccia una ragazza mentre quest’ultima è con il marito/fidanzato/padre/fratello?? No. Nemmeno io. Perché chi importuna così le donne lo sta facendo solo ed esclusivamente per esercitare un potere. Lui, uomo, può permettersi di dire e fare quello che fa perché noi siamo solo oggetti.

    Mi dispiace tantissimo per quello che sei costretta ad affrontare e mi è salita una rabbia disumana solo a leggere il tuo post perché è successo anche me (e io vivo in un paesino!). E sai qual è la cosa più schifosa? Che anche quando succede c’è una vocina nel cervello che tenta di minimizzare: “È una sciocchezza e ne stai facendo un problema enorme”. Ecco il problema sta tutto lì; siamo arrivate al punto di stare zitte perché abbiamo paura di passare per quelle che si lamentano di una piccolezza. Che fanno tanto chiasso per niente.

    Non ho soluzioni. Io ho sempre tirato dritto abbassando la testa senza rispondere perché mi si gela il sangue quando vengo approcciata così è preferisco accelerare il passo e tirare dritto. Ma penso dovremmo trovare il coraggio di rispondere, anche male.
    È assurdo che non possiamo uscire sentendoci al sicuro (in pieno giorno tra l’altro!!) e siamo costrette a rinunciare alla nostra femminilità nella speranza di non venir notate.

    Non è un problema tuo. È UN PROBLEMA DRLLA SOCIETÀ. Che ha ancora tanta, tantissima strada da fare. Dobbiamo smetterla di stare zitte e parlarne, parlarne, parlarne o non migliorerà mai nulla. Io non voglio consegnare un mondo del genere alle donne che verranno dopo di noi.

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    • La forma dell'anima ha detto:

      Hai scritto parole forti e bellissime, che approvo in pienissimo!!! Credevo che la mia ansia, le mie paure fossero “esagerate” per il fatto che in passato mi sono successe cose brutte (sono stata addirittura pedinata e altre cose spiacevoli di questo tipo), ma leggo nelle tue parole lo stesso disagio che provo io, e lo stesso problema dell’affrontare la cosa. A volte mi capita di rispondere male, ovviamente alle frasi peggiori, ma lo faccio solo se sono in mezzo ad altra gente, altrimenti ho paura che il mio gesto di “ribellione” mi si possa ritorcere contro. Non so come poter risolvere questa questione, che è qualcosa di molto sfaccettato e radicato….

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      • namida ha detto:

        Comprendo benissimo, è la stessa paura che mi blocca e non mi fa controbattere (qui di gente per strada non ce n’è mai molta, ci manca solo che faccio una brutta fine per una parola di troppo). Però capisci quanto è snervante non sentirsi libere di reagire a questo schifo.
        L’unica cosa da fare è parlarne e portare alla luce queste situazioni; quindi grazie che hai scritto un post al riguardo. Bisogna fare informazione e soprattutto formare le persone. Ammetto che anni fa ero così ingenua che non capivo nemmeno cosa stesse succedendo; ora per fortuna so riconoscere che esiste un problema. Quindi mi sento di dire che dobbiamo educare tutti, indipendentemente dal sesso. Ci sono troppi pregiudizi e idee distorte quando si parla di catcalling.

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        • La forma dell'anima ha detto:

          Sarebbe importante partire dalle scuole per riuscire a vedere qualche miglioramento (forse) tra una ventina d’anni…Sinceramente non sento mai parlare di queste cose, e ho appena imparato da te il termine “catcalling”…non sapevo avessero dato un nome a questo tipo di molestia…meglio tardi che mai ^_^ Potrei raccontarne molte di brutte vicende che mi sono capitate: mi dispiace solo non aver avuto abbastanza sangue freddo da chiamare la polizia e andare in fondo alla questione. Purtroppo spesso la paura prede il sopravvento e l’unico desiderio che abbiamo è di uscire al più presto da una brutta situazione e non pensarci mai più.

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    • La forma dell'anima ha detto:

      Sì, è il ragionamento che faccio sempre io: evito di rispondere per non alzare un polverone. Anche perchè, se dovessi farlo con tutti, avrei mal di stomaco tutti i giorni a furia di arrabbiarmi e spiegare che certi atteggiamenti non sono graditi. E’ più una mentalità di base che andrebbe estirpata come si fa con l’erba cattiva, e mi illudo che parlarne il più possibile possa portare col tempo a dare visibilità ad un problema che al momento non viene minimanete reputato tale. Anche perchè: se io non mi trovassi in mezzo ad altra gente, chi mi dice che quelle parole non gradite non potrebbero trasformarsi in un approccio molto meno verbale? Non è giusto che io debba vivere con l’ansia di andare in giro da sola; nessuna donna dovrebbe.

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    • La forma dell'anima ha detto:

      Quando mi sento rivolgere affermazioni di un certo tipo, o anche soltanto sguardi che anche se non accompagnati dalle parole parlano eloquentemente da soli, mi sento immediatamente turbata. Se lascio correre e faccio la gnorri, mi sale in più la classica rabbia dettata dall’impotenza: il corpo è mio, eppure non posso farci quello che voglio per paura di certi uomini, e in più devo subire e stare zitta per paura delle loro possibili reazioni. In tutto questo, trovo che ci sia qualcosa di molto marcio, di molto sessista, e non vorrei passarci sopra ogni volta. Ma è anche vero che, come dici tu, c’è solo da perderci nel rispondere: come potrei spiegare a quelle teste marce qualcosa che dovrebbe essere già scontato? Sono situazioni un po’ al limite, terreni in cui non è semplice muoversi…

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