È un classico. La volta in cui sei convinta che qualcosa sia assolutamente semplice e a portata di mano, puoi star sicura che tutto quello che avevi immaginato andrà a scatafascio e non saprai neanche tu il perché.
È un po’ come avere una nuvoletta di Fantozzi sulla testa, pronta a far piovere e tuonare in un battibaleno nell’istante in cui metti un piedino nell’acqua dopo un anno che non vedevi il mare. Il fatto che questa nuvoletta mi intralci per questioni di poco conto, non mi causa neanche troppi scompensi. Il problema si fa reale quando ho a che fare con le grandi “questioni” della vita, quelle che la vita possono rendertela migliore o assolutamente terrificante.
La questione che mi affligge e mi vede combattere ormai da anni è questa: fin da quando sono piccola, sono stata bombardata da insistenti inviti all’amore per me stessa e per il prossimo; dal catechismo, alla scuola, ai cartoni animati in tv, era un continuo inneggiare all’amore per il mondo in tutta la sua completezza, senza distinzioni di specie, peso, religione e colore della pelle. Davo quindi per scontato che, essendo io l’unica padrona di me stessa, non avrei avuto il benché minimo problema ad amarmi; avrei addirittura potuto costringermi con la forza se non fossi riuscita a farlo spontaneamente. Ma ovviamente le mie rosee aspettative sono state stroncate, ormai da parecchio tempo, e sono ancora qui a cercare un perché, prima ancora che una soluzione.
Le poche volte in cui mi sono invaghita di qualcuno, sulle prime mi sono lasciata affascinare da un certo modo di ragionare, da una caratteristica fisica particolare o dalla simpatia; ma mi sono accorta che, col passare del tempo, è proprio dei difetti che finisco per innamorarmi perdutamente. Sarà colpa del mio spirito da inguaribile crocerossina.
Mi scopro a cercare nell’altro le sue debolezze, a prenderle tra le braccia a cullarle tenendole strette a me, sussurrandogli piano: “non preoccupatevi, non date peso a ciò che dice la gente. Essere così imperfette fa di voi qualcosa di unico; non permettete mai al mondo di cambiarvi”.
E allora mi domando: visto che io di difetti ne ho a bizzeffe, e so pure da dove derivano, come mai non riesco ad accettarli neanche minimamente?
Sono capace, in capo ad una giornata, di offendermi talmente tante volte da non riuscire a tenere il conto. Quando il mio cervello entra in loop, sono in grado di intristirmi continuamente per la stessa cosa, dopo essermi detta, ogni volta, che è una ragione stupida per rovinarsi anche un solo attimo della giornata.
Ecco qualche esempio di sfiancante teatrino interiore a cui sono costretta ad assistere in ogni momento della mia vita:
- Dato di fatto oggettivo: “Spesso sono sbadata e combino qualche guaio.”
La me distruttrice: “Sei un’idiota. Cosa ti costerebbe mettere un po’ più di attenzione nelle cose che fai? Non è complicato! Ma tanto non imparerai mai.”
La me positiva: “E che sarà mai?! La prossima volta farò più attenzione. Imparerò da questo errore e diventerò più forte”.
La me distruttrice: “Lo sai benissimo che non imparerai, e che la prossima volta sarà un’altra la cosa a cui non farai attenzione. Ti sarebbe sufficiente ragionare un po’ di più prima di agire. Ma tu no, devi partire in quarta ogni volta! Non è che magari, anche ragionandoci, non ci arriveresti comunque? Sì, forse è questo il problema. Non ci arrivi proprio, neanche se ti ci metti di impegno!”.
- Dato di fatto oggettivo: “Non ho esattamente un fisico da modella. Ho le cosce grosse, i fianchi larghi, delle gambe non proprio affusolate”.
La me distruttrice: “Guardati. Sei una balena. Ma che ti costa mangiare meno? Che poi i vestiti non ti stanno più e ogni volta che ti guardi allo specchio ti fai schifo da sola.”
La me positiva: “sì, probabilmente ho su qualche chilo di troppo, ma non sono così grossa. E poi l’aspetto fisico non conta. Tutto sommato non sono poi così male. Sono assolutamente in tempo a cominciare una dieta quando voglio, se non lo faccio è semplicemente perché non ne ho ancora bisogno o semplicemente non è il momento giusto”.
La me distruttrice: “Tutte scuse. Smetti di inventare balle a te stessa! Sai bene che non cominci la dieta perché finiresti per fallire miseramente, come ogni cosa che cominci e poi abbandoni in un niente. Non puoi permetterti un altro fallimento, ti porterebbe a mangiare ancora di più per soffocare la devastazione dei sensi di colpa. E poi non dire stronzate, certo che l’aspetto conta, non sei forte abbastanza da fregartene di ciò che la gente dice e pensa di te”.
Non mi dilungherei ulteriormente sugli esempi, anche se ne avrei a centinaia.
Ciò che vorrei, è fare qualche passetto avanti verso l’amore per me stessa. E ogni tanto lo faccio pure quel passetto avanti; peccato che basti un niente a farmene fare cinque indietro.
Ho addirittura provato a stilare una lista di qualità a cui aggrapparmi nei momenti di sconforto. È stato terribile non trovarne nessuna. Non appena la trovo, la mia parte distruttiva la rade al suolo, come un fungo che infetta tutto quello che tocca.
Forse non è ancora tutto marcio. Forse c’è ancora speranza.
Certo che non é tutto marcio.
Certo che c’è speranza.
Quando non riesci a trovare nessuna nota positiva nel tuo elenco, mettici queste che vengono dettate da una pereona che ti sta leggendo oggi per la prima volta e che é arrivata al tuo blog, dopo aver letto il tuo commento nel blog di soffio di respiri:
hai un dono immenso ma non ne sei consapevole: empatia. Questa roba qua, mi ha portato un sacco di rogne nella mia vita ma mi ha permesso di incrociare quella che poi é diventata la mia migliore amica, partendo dal suo blog.
Hai una grande capacità di introspezione e, in un mondo in cui tutti corrono e figurati se hai il tempo di guardarti dentro, é una grande dote. Accogli tutto ciò che vedi dentro te, guardalo e prendine consapevolezza ma non giudicarti. Te lo dice una che ha passato la sua adolescenza a pensare a cosa non andasse bene in sé e che ora é sposata con un uomo meraviglioso che mi sono scelta e che ho conquistato. Non ci avrebbe scommesso su nessuno, nemmeno io. E lui mi ha resa mamma di due nanetti meravigliosi. Chiedilo alla me adolescente: Ale moglie e madre? Impossibile.
Oh si. Possibile eccome.
Da oggi in poi avrai due occhi in più che ti leggeranno e il merito non é mio.
Ale
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Ti confesso che prima di leggere questo tuo commento, avevo sbirciato il tuo blog e mi sono soffermata a leggere il post in cui racconti che la tua bambina piange perché le manchi, o perché si emoziona mentre provano i canti di Natale a scuola. Ho pianto anch’io mente leggevo, perché sono proprio come lei. Qualche settimana fa, ho riguardato Casper per l’ennesima volta…so a memoria anche le battute di tutti i personaggi…eppure ci sono cose che puntualmente mi fanno sciogliere e non riesco a non piangere, anche se vorrei evitarlo perché a 30 anni mi sembra un po’ stupido farlo. E mi ha fatto piangere perché mi ha ricordato l’intelligenza e la sensibilità della mia nipotina, che non vedrò mai più a causa dell’ottusità…che bestiaccia. E infine leggo questo tuo commento, e piango di nuovo…questo rapporto non è iniziato nel migliore dei modi🤣🤣 scherzi a parte, ti ringrazio tanto, per il tempo che mi hai dedicato, per le belle parole che hai speso per me pur non conoscendomi. Segnerò l’empatia come primo aggettivo positivo della mia lista, che spero diventi molto lunga per salvarmi dal vuoto che a volte avverto sotto ai miei piedi. Grazie ❤️
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Ti avevo scritto un commento ma non lo vedo. Riscrivo tutto? 😉
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Arrivato e risposto, grazie ancora 😊
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