Ho già parlato sinteticamente delle 5 ferite e delle relative 5 maschere, ma l’ho fatto in maniera abbastanza superficiale, mettendo insieme le informazioni trovate qua e là su forum e articoli di psicologia. Visto che l’argomento mi ha incuriosito, ho deciso di andare più a fondo e di leggere il libro che sta alla base di questa teoria: “Le 5 ferite e come guarirle”, di Lise Bourbeau.
Il libro parte dall’origine delle ferite e delle rispettive maschere, e si conclude con qualche indicazione di massima che possa aiutarci a comprenderle meglio e, nel migliore dei casi, a curarle.
Ho trovato la lettura scorrevole ed interessante, se pure mi abbia fatto storcere il naso in un paio di punti. Quindi, tralasciando l’idea della scrittrice secondo la quale l’anima si reincarnerebbe ogni volta in un nuovo corpo fino alla completa risoluzione delle proprie ferite, direi che per il resto le sue teorie, dedotte da anni di studi e sedute pratiche, trovano un buon fondamento nella realtà, tanto che io per prima mi sono riconosciuta nelle maschere che descrive.
Mi ha turbata la teoria secondo la quale l’essere umano continuerebbe ad attrarre a sé circostanze e persone che gli fanno rivivere continuamente le proprie ferite più profonde: non perché la trovi infondata, tutt’altro. Pensando alla mia esperienza personale, mi sono resa conto che fino a che non sono arrivata ad elaborare profondamente certe mie paure, per quanto io provassi a rifuggirle queste mi si materializzavano davanti continuamente. Per alcune di esse, in seguito ad esperienze significative e ad una presa di coscienza importante, sono riuscita ad interrompere il circolo vizioso e questo mi ha permesso di potermi concentrare su nuovi aspetti della mia crescita personale.
Partendo dall’assunzione di questo principio, mi sono chiesta come mai, pur possedendo un’intelligenza emotiva nella media, ci servano delle batoste davvero considerevoli prima di arrivare a comprendere determinate cose. La risposta della Bourbeau è che la “colpa” è del nostro ego, che a sua volta è alimentato dalle nostre credenze. L’ego non vuole ammettere che tutte le esperienze sgradevoli che viviamo hanno l’unico scopo di mostrarci le nostre ferite, ma non lo fa per cattiveria: è piuttosto una sorta di difesa, la stessa che ci ha portato a creare le maschere che portiamo al fine di proteggerci fin da quando eravamo bambini e ancora non avevamo armi a disposizione per difenderci in altro modo.
Ma da cosa ha dovuto difenderci l’ego? Non tutti i bambini (per fortuna) vivono esperienze particolarmente traumatiche nei primi anni di età: pare che in ogni caso pare ogni bambino passi comunque attraverso queste 4 fasi:
– 1° tappa: la tappa dell’esistenza, in cui il bambino scopre la gioia di essere sé stesso;
– 2° tappa: il bambino scopre il dolore di non poter essere sé stesso (lo capisce dai continui rimproveri che riceve dagli adulti)
– 3° tappa: è il periodo della ribellione, in cui il bambino cerca di opporsi alle regole;
– 4° tappa: per ridurre il dolore che sente, il bambino si rassegna e finisce per crearsi una nuova personalità, in modo da diventare ciò che gli altri vogliono che sia.
È quindi in queste ultime due fasi che l’ego, per difendersi dal dolore, dà vita alle nostre maschere, che come abbiamo anticipato sono 5 e corrispondono a 5 grandi ferite.
Ma come si fa a capire di quale ferita soffriamo maggiormente?
La scrittrice invita costantemente a focalizzarsi sul proprio aspetto fisico perchè sarebbe proprio quello a dare le maggiori indicazioni in questo senso. Leggendo le caratteristiche di ogni ferita e della relativa maschera, potremmo essere influenzati dalle nostre stesse credenze e lasciarci portare fuori strada: quindi dovremmo ossservare attentamente ciò che il nostro fisico ci rivela; potremmo scoprire di soffrire di una ferita emotiva che razionalmente credevamo molto lontana dal nostro sentire.
Durante questa ricerca, è importante ricordare sempre che nessuno di noi presenta TUTTE le caratteristiche relative ad una ferita e alla sua maschera: a seconda della profondità della ferita, ci ritroveremo in una o più caratterisitche. Non è raro che una persona celi in sè più di una ferita, e che possa quindi aver elaborato più maschere da utilizzare di volta in volta a seconda della ferita che riapre. Sì perchè la colpa non è degli altri: è il nostro modo di reagire agli eventi della vita a riaccendere il dolore delle nostre ferite; non tutti infatti reagiamo allo stesso modo di fronte alla stessa situazione.
Un buon modo per capire se siamo affetti da una determinata ferita, è far caso a ciò che gli altri fanno e che ci disturba:
“Rimproveriamo agli altri tutto ciò che facciamo a noi stessi e che non vogliamo vedere”.
Nei prossimi giorni, per chi fosse interessato, approfondirò nel dettaglio le sfaccettature di ogni maschera. A presto 😉
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